Alla quarantena e al distanziamento sociale, necessari per combattere il coronavirus, si affiancano gli effetti che i primi due mesi di lockdown lasceranno sulla psiche degli italiani. Secondo David Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi,«l’emergenza sanitaria diventerà sempre più un’emergenza psicologica». Affermazione che sembra essere confermata da un’indagine effettuata dall’Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale degli Psicologi (Cnop). Lo studio mostra come oltre il 40% degli intervistati abbia dichiarato di aver sofferto di problemi di ansia durante il primo mese (9 marzo – 9 aprile) di confinamento domestico e come il 51% lamenti di patire particolarmente il non potersi relazionare con persone al di fuori della propria casa. Per far fronte a questi problemi, e per assicurarsi una fonte di reddito, molti psicologi hanno spostato le sedute con i pazienti dal loro studio allo schermo del computer, utilizzando piattaforme come Skype e Zoom.

L’intervento della tecnologia – Già nel 2013, quando ancora nessuna pandemia aveva imposto l’evoluzione digitale della seduta di terapia, Paolo Migone, direttore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane, si interrogava sull’opportunità di un cambiamento in tal senso. Secondo Migone, non vi sarebbe necessità di una vicinanza fisica tra paziente e terapeuta, ma l’efficacia della seduta sarebbe da attribuire invece al rapporto personale tra i due. Rapporto instaurabile anche online. Le sedute telematiche, già molto diffuse nel Nord Europa e in Gran Bretagna, sono state incentivate anche in Italia per far fronte alla pandemia attraverso le linee guida rilasciate dall’Ordine Nazionale che invitano i professionisti a utilizzare chiamate e videochiamate in tal senso. Per Camilla Lupastelli, psicologa specializzata nel trattamento di adolescenti e adulti under 30, lo strumento è «utile e può venire incontro a esigenze che rimarranno anche dopo l’emergenza». Ad esempio, in mancanza di tempo per una seduta di persona o in caso di trasferimento in una città diversa da quella del proprio terapeuta. Limiti di questa modalità, però, esistono. «Un lato negativo è sicuramente quello della paura di essere sentiti da familiari o coinquilini durante il colloquio. Così si rischia di nascondere qualche problematica e di rendere il percorso più lungo. Inoltre – continua Lupastelli – la tecnologia è utile per mantenere i rapporti con pazienti già in carico. Stabilire un rapporto di fiducia con pazienti nuovi è invece più difficile».

L’indagine del Cnop – Il supporto psicologico digitale in questo periodo sembra però fondamentale. Oltre al non potersi relazionare con persone fuori casa, tra le limitazioni imposte dall’emergenza coronavirus che l’indagine dell’Istituto Piepoli ha scoperto essere più sofferte ci sono il non avere molti spazi a disposizione (24%); non poter andare al lavoro (20%) e il dover convivere forzatamente (9%). Assieme a un’impennata dei problemi di ansia poi, il 24% degli italiani dichiara di aver sviluppato forme di insonnia assenti prima del lockdown, il 22% lamenta un maggiore stato di irritabilità e il 18% soffre di sintomi depressivi, mentre il 31% segnala «un aumento del disagio psicologico». A questi si aggiungono problemi di coppia e conflitti relazionali (14%) e disturbi alimentari (10%).

Pazienti che ritornano e problematiche simili – Una spia del disagio psicologico che la pandemia sta generando è poi quella dei pazienti che tornano a rivolgersi a uno specialista dopo un periodo di stop delle cure. Nell’esperienza di Lupastelli, tutti presentano problemi simili: difficoltà nel gestire le tempistiche della giornata e nel mettere in pratica propositi, sensazione di sospensione e inutilità. Le fa eco Carolina Cordelli, psicologa, che da marzo lavora alla linea telefonica di supporto psicologico gratuito per la cittadinanza istituita dalla Protezione Civile di Torino: «I bisogni di chi si rivolge a noi in questo periodo si riconfermano più o meno sempre. In molti soffrono di attacchi di panico, di solitudine e di depressione. Poi c’è la paura del futuro, di perdere il lavoro, e il peso di una situazione economica incerta».

Le iniziative – Assicurare un servizio privato in via telefonica o in videochiamata sembra al momento necessario per scongiurare il complicarsi di molti casi. Intanto, molte sono le iniziative lanciate come forme di aiuto alla collettività. Una di queste è la nascita del portale Diamoci una mano che, nato dall’idea di tre medici specializzandi in psichiatria (Camilla Vizzotto, Emanuele Ruggeri e Daniele Busatta), permette a chiunque di prenotare, gratis, un colloquio su Skype di 30 minuti con uno degli specialisti volontari che hanno aderito al progetto. L’iniziativa è rivolta sia alla cittadinanza intera che, nello specifico, al personale sanitario, vittima di forte stress per le condizioni di lavoro a cui è sottoposto dall’inizio dell’emergenza. Proprio per chi svolge professioni sanitarie è invece pensato il servizio lanciato dall’Inail in collaborazione con il Cnop, che prevede la creazione di una task force di psicologi per aiutare nella gestione di stress e traumi chi si trova a combattere contro il Covid-19 nelle strutture sanitarie di tutto il territorio nazionale.