
Il primo ministro neozelandese Jacinda Ardern
I Paesi nel mondo che hanno gestito meglio la fase emergenziale della pandemia di coronavirus sono guidati da leader donne. È questa la chiave di lettura che lo scorso 15 maggio la giornalista Amanda Taub ha lanciato sulle colonne del New York Yimes: potrebbe esserci una stretta relazione tra il modello di leadership femminile e l’efficacia dei provvedimenti che hanno permesso a Nuova Zelanda, Germania, Finlandia e Taiwan di uscire quasi indenni dalla pandemia Covid-19.
Un modello vincente? – «I Paesi guidati da donne sembrano avere particolare successo nella lotta al coronavirus», scrive la giornalista del New York Times. Per suffragare questa ipotesi sono stati presentati diversi casi di Paesi virtuosi. La Nuova Zelanda della premier Jacinda Ardern, che l’11 maggio ha messo fine al lockdown dichiarando di aver sconfitto l’epidemia. La Germania di Angela Merkel, Paese che ha contenuto il tasso di letalità del virus, nettamente inferiore a Italia, Francia e Spagna. La Finlandia della premier Sanna Marin, a capo di una coalizione di quattro partiti tutti a guida femminile, che ha registrato un quinto delle morti e meno del 10% dei contagi rispetto alla vicina Svezia. E infine Taiwan, una delle prime nazioni a tracciare gli infetti e mettere in atto misure di isolamento, grazie alla risolutezza della presidente Tsai Ing-wen. «Non dovremmo sbilanciarci sull’azzardare conclusioni sulle donne leader da pochi individui eccezionali che hanno operato in circostanze eccezionali», afferma Taub. «Ma gli esperti dicono che il successo di queste donne potrebbe offrirci insegnamenti su come i Paesi possono gestire non solo questa crisi, ma anche altre nel futuro». In particolare, la messa in discussione di un modello di leader forte come espressione di una forma maschile di gestione del potere (come nel caso di Stati Uniti, Gran Bretagna e Svezia, ricorda la giornalista).
«Servono dati» – Alla richiesta di una possibile spiegazione sulla correlazione tra leadership femminile e gestione virtuosa dell’emergenza, diversi studiosi ed esperte di relazioni internazionali hanno preferito non sbilanciarsi su un argomento che rischia di essere particolarmente insidioso. Tra questi, il professor Salvatore Vassallo, politologo e professore di politiche comparate all’Università degli Studi di Bologna: «Per sostenere questa affermazione, come qualsiasi altra ipotesi sulla gestione della leadership, servono dati. La mia esperienza professionale non mi permette né di confermare né di negare questo tipo di correlazione».
«Pochi casi non indicano una tendenza» – Ma c’è anche chi, al contrario, una posizione definita non esita a prenderla. «Non c’è una correlazione finché non ci saranno dati a confermarla. Altrimenti dovremmo anche dire che Viktor Orbán in Ungheria ha fatto un lavoro eccellente, quindi che il sovranismo potrebbe essere stata una soluzione efficace», è il commento del professor Alessandro Colombo, esperto di geopolitica e relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano, che non appoggia le ipotesi del New York Times. «A mio avviso il genere non influisce sulla gestione dell’emergenza e pochi casi all’apparenza virtuosi non possono indicare nessuna tendenza, almeno in questo momento». In riferimento ai Paesi citati dal Nyt, Colombo afferma che «per quanto riguarda la Nuova Zelanda, non ci si può dimenticare la densità della popolazione sul territorio» e la Finlandia «ha semplicemente adottato misure diverse dalla Svezia, che ha provato ad accettare il contagio. Ma anche qui la densità gioca un fattore decisivo». Taiwan non si sarebbe comportata in modo molto diverso dalla Corea del Sud, mentre «anche in Germania ora stanno emergendo contrasti tra Länder e governo federale. La leadership di Angela Merkel sta subendo attacchi nel momento dell’uscita dalla fase di emergenza, la più difficile». Insomma, conclude Colombo, «solo tra qualche mese si capirà chi ha gestito meglio l’emergenza e potremo fare bilanci sui fattori che hanno determinato successi e fallimenti».