Quanto a percezione della corruzione siamo al livello di Ruanda e Arabia Saudita. La classifica del 2019 di Transparency International parla chiaro: 51esima posizione per l’Italia, che migliora rispetto all’anno scorso ma rallenta. Con 53 punti su 100, il Paese è ancora lontano dalla sufficienza. Medaglia d’oro anche quest’anno per Danimarca e Nuova Zelanda.
La classifica del Cpi – Il Corruption perception index, che si concentra su 180 Paesi nel mondo, rileva in che misura la corruzione nel settore pubblico sia percepita dai cittadini di un determinato Paese. Da 0 a 9 punti si parla di “Paese altamente corrotto”, invece da 90 a 100 “senza corruzione”. Con 87 punti primeggiano a pari merito Danimarca e Nuova Zelanda, seguono al secondo posto la Finlandia (86) e Singapore al terzo (85). L’Europa è spaccata tra la bella figura di Finlandia e Svezia e le ultime posizioni della classifica continentale occupate da Bulgaria, Romania e Ungheria. Fanalino di coda la Somalia, con 9 punti. (qui la classifica completa)
L’Italia – Il nostro Paese è 51esimo nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100. Guadagna un voto e due posizioni rispetto all’anno scorso, a pari merito ad Arabia Saudita e Ruanda, e un gradino sotto a Malta. Se si dà uno sguardo alle classifiche precedenti si nota come rispetto al 2012 l’Italia abbia recuperato ben 12 posizioni. Negli ultimi anni ha avuto un brusco rallentamento che è dovuto «a diversi problemi che il nostro Paese si trascina da sempre senza riuscire a risolverli», dice Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia. «In particolare, pesa la criminalità organizzata, che preferisce spesso l’arma della corruzione e che oggi ha assunto forme nuove, sempre più difficili da identificare e contrastare». Altro tema da non sottovalutare, spiega Carnevali, è la regolamentazione delle lobby e dei conflitti di interesse: «Due questioni fondamentali nella lotta alla corruzione» sulle quali, osserva Transparency, «ancora il Parlamento tace. Solo tante promesse e audizioni che ancora non si sono trasformate in atti concreti». Come si può osservare dal grafico, tra il 2014, anno di istituzione dell’Anac, e il 2015, il nostro Paese scalò la classifica con 8 posizioni in più (dalla 69esima alla 61esima). Nel complesso, Transparency International Italia si dice lieta «di vedere un ulteriore miglioramento, ma sinceramente speravamo in qualcosa di più».