Giuseppe Conte in aula con Roberto Speranza ai tempi del governo Conte II (Fonte: Ansa)

Al termine di ogni guerra inizia un processo, e la lotta contro il Covid non fa eccezione. Dopo la fine dell’emergenza sanitaria, dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità lo scorso 5 maggio, in Italia è arrivato il momento di giudicare l’operato di chi ha gestito la prima fase della pandemia: l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il suo ministro della Sanità, Roberto Speranza. Entrambi sono stati interrogati mercoledì 10 maggio dal Tribunale dei ministri di Brescia, incaricato di individuare eventuali comportamenti di rilievo penale. I due esponenti del Conte II sono arrivati nel primo pomeriggio accompagnati dai rispettivi avvocati, che all’uscita hanno confermato la posizione dei loro assistiti: «Restiamo convinti delle scelte compiute».

La posizione di Conte – Al leader del Movimento 5 stelle è contestato il ritardo nella creazione di una zona rossa in Val Seriana. Secondo gli inquirenti, fin dall’inizio di marzo 2020 era nota l’esplosione dei contagi nell’area tra Nembro e Alzano Lombardo. Pertanto, le restrizioni già in vigore nel lodigiano e a Vo’ Euganeo avrebbero dovuto essere estese anche alle due cittadine della bergamasca. Conte aveva invece rifiutato di chiudere l’area, preferendo aspettare qualche giorno per decretare il lockdown in tutta la Lombardia. All’uscita dal Tribunale, l’avvocata Caterina Malavenda ha dichiarato che il suo assistito «ha risposto a tutte le domande e chiarito tutto quello che accadde dal 26 febbraio al 6 marzo. Ci fidiamo dei giudici e confidiamo che tutto finisca presto e bene».

Le accuse a Speranza – L’ex ministro della Salute è invece accusato di non avere applicato il piano pandemico nazionale: seppure fermo al 2006, secondo la magistratura, la sua osservanza avrebbe potuto limitare le perdite di vite umane. Al contrario, secondo Speranza «tutta la comunità scientifica riteneva il piano esistente inefficace. Noi abbiamo fatto di tutto per tutelare la salute degli italiani, seguendo le indicazioni degli esperti e introducendo per primi misure di contenimento, a partire dal blocco dei voli dalla Cina». Il legale di Speranza, Roberto Calvi, ha poi accusato Andrea Crisanti di aver condotto fuori strada i magistrati nel suo ruolo di consulente della Procura. Accuse a cui Crisanti, oggi parlamentare per il Partito democratico (come lo stesso Speranza) ha replicato dicendo di aver lavorato «in scienza e coscienza».

I prossimi passi – Il Tribunale dei ministri di Brescia dovrà esaminare nei prossimi giorni le conclusioni della Procura, oltre alle deposizioni di tutti gli indagati in concorso con Conte e Speranza. A quel punto deciderà se chiedere l’autorizzazione a procedere o l’archiviazione del procedimento. Eventualità che non si augurano i manifestanti riuniti fuori dal Tribunale per criticare i due politici sottoposti a interrogatorio. In quell’occasione, il cartello di una signora rappresentava il sentimento dei contestatori: «Siamo in vigile attesa che andiate tutti in galera».