«Lo spillover con salto di specie animale-uomo potrebbe essere stato compiuto per cause accidentali da un virus del pipistrello sperimentalmente adattato a crescere in vitro». Il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco Giorgio Palù torna sull’ipotesi di fuga da un laboratorio cinese del Sars-CoV-2. In una lunga intervista al Corriere della Sera, il virologo ha parlato di nuovi dati che, se confermati, potrebbero spiegare così lo scoppio della pandemia. «Non sarebbe la prima volta», ha detto il professore, aggiungendo: «Non è una novità che il laboratorio di Wuhan da oltre una decade si dedichi tra l’altro alla coltura di virus di pipistrelli».

«Una sequenza mai vista prima» – A suffraggio della teoria dell’errore di laboratorio, Palù ha segnalato nuove evidenze, da confermare con ulteriori studi, relative al gene della proteina Spike, quella che consente al virus di infettare le cellule. Spiega il professore: «Nel gene appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente ad un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali, sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione. Una sequenza essenziale perché conferisce al virus la capacità di fondersi con le cellule umane e di determinare la malattia».

Nessuna «intenzione malevola» – Di fronte a queste prove, quindi, ritornerebbe l’ipotesi di un esperimento sfuggito dalle mani dei ricercatori. Anche se il presidente nega con forza la premeditazione: «Si può ipotizzare una manipolazione effettuata per soli scopi di ricerca, non certo con intenzioni malevole». Nell’intervista Palù ha spiegato inoltre quali potrebbero essere state le finalità dello studio all’origine dell’infezione da coronavirus: «Scoprire se certi virus di mammiferi, in questo caso del pipistrello, possano avere potenziale pandemico e decifrare quali caratteristiche genetiche vi contribuiscano. Uno scopo nobile da questo punto di vista, ne sono certissimo: prevenire uno spillover naturale, cioè l’esatto contrario di quello che magari può essere avvenuto nella realtà».

L’ipotesi zoonotica – In un campo vasto come quello della ricerca scientifica, però, c’è anche chi sostiene un’ipotesi contraria a quella di Palù, quella dell’origine zoonotica del virus. Su La Stampa del 5 marzo, per esempio, sono stati riportati i risultati di uno studio fatto da un gruppo di ricercatori del Chinese Center for Disease Control (CDC) e di altre due ricerche, condotte a più mani e pubblicate dal virologo Kristian Andersen del Research Institute di La Jolla, in California. Come si legge nell’articolo, i tre lavori, sempre se confermati da altri, rafforzano l’ipotesi di una trasmissione diretta o indiretta tra l’animale e l’uomo attraverso, per esempio, alimenti contaminati o il contatto con animali infetti. Tuttavia, secondo Palù, alla teoria che suffraga l’origine naturale del virus mancherebbe «la prova regina»: «Da un lato, non si è ancora trovato l’ospite intermedio e dall’altro, RaTG13, il virus del pipistrello Rhinolophus affinis il cui genoma è al 97% identico al Sars-CoV-2, ha scarsa capacità di infettarci. Per validare quale delle ipotesi in campo (spillover naturale o di laboratorio) sia più verosimile, sarebbe quanto mai auspicabile, come più volte richiesto dall’OMS e dalla comunità scientifica, la collaborazione delle autorità cinesi».