Il presidente del Consiglio Mario Draghi

Il nuovo record è del 24 marzo: 233.563 dosi di vaccino anti-Covid somministrate in 24 ore, ma per raggiungere quota 500mila e viaggiare a pieno regime entro maggio il governo di Mario Draghi deve correre. I primi provvedimenti concreti iniziano già oggi, 25 marzo: il commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo ha annunciato che verranno inviate task force in Basilicata e Molise per supportare le strutture sanitarie già operative nelle regioni. Le unità speciali, composte da un medico e due infermieri, saranno impiegate nello specifico per accelerare la campagna di immunizzazione di massa nei comuni più isolati. L’annuncio è stato confermato via Twitter dal presidente della Basilicata Vito Bardi che, dopo un colloquio telefonico con Figliuolo, ha confermato per lunedì prossimo l’arrivo delle prime unità speciali a Potenza.

Draghi contro le regioni – Il presidente del Consiglio, parlando alle Camere il 24 marzo, non ha usato mezzi termini definendo «inaccettabili» le differenze tra i diversi piani vaccinali messi in campo dalle regioni e ha ribadito la necessità di seguire le linee guida del piano nazionale. Nel suo discorso, Draghi ha anche sottolineato l’urgenza di procedere con le vaccinazioni delle fasce più deboli: priorità ad anziani over 80 e alle altre categorie ad alto rischio di sviluppare una forma grave della malattia a causa di motivi di salute pregressi. L’invito – esplicito – è stato quello di scorporare dalle liste di attesa tutti gli «altri», quelle categorie alle quali alcune regioni hanno concesso una posizione privilegiata «probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale».

Cosa dicono i dati – All’accusa di trascurare le persone più deboli è seguito il plauso di Montecitorio e le risposte piccate di alcuni governatori che hanno rivendicato, come il presidente del Veneto Luca Zaia, «l’enorme sforzo sostenuto dalla sanità regionale per portare avanti la campagna vaccinale». Coi dovuti distinguo, a livello nazionale – riporta Repubblica – degli 8 milioni di dosi somministrate agli italiani, uno è andato a categorie che non ne avrebbero avuto diritto se fossero stai rispettati i criteri di priorità basati sul rischio di contrarre la malattia e sviluppare sintomi gravi. Su un bacino di oltre 4 milioni di ultraottantenni, appena il 20% è stato immunizzato e poco più della metà ha ricevuto almeno una dose. Numeri non sufficienti ad abbassare la curva delle vittime e alleggerire il lavoro dei reparti di terapia intensiva.

Il confronto tra regioni – Ma la situazione è molto diversa fra i vari territori. Secondo il sito di monitoraggio del governo, al 25 marzo la provincia autonoma di Bolzano ha immunizzato più del 40% dei suoi over 80, seguita da Trento che ha assicurato la seconda dose al 38% degli anziani. Tra le regioni più virtuose anche la Basilicata, dove è stato vaccinato il 36% degli ultraottantenni. Segue il Lazio che ha inoculato la prima dose a 9 anziani su 10 e la seconda a 1 su 3.

La Liguria segna la media nazionale col 20% di immunizzati. Dopo aver invitato il governo a «non giocare allo scaricabarile con le responsabilità», il governatore Giovanni Toti ha auspicato un decreto legge per rendere obbligatorio il vaccino anti-Covid come requisito di sicurezza necessario per chi lavora negli ospedali.

In fondo alla classifica la Sardegna, dove appena 6 anziani su 100 hanno ricevuto la seconda dose. Fa poco meglio la Toscana, nella regione che ha garantito accesso prioritario al vaccino a magistrati e avvocati, solo il 6,8% degli ultraottantenni è stato vaccinato per un totale di 21mila persone: ben 5mila in meno del Friuli Venezia Giulia, che conta un terzo degli abitanti della Toscana.