caccia

La Stampa edizione del 28 giugno 1983

Potrebbe essere Rocco Schirripa uno dei killer che la sera del 26 giugno 1983 uccisero con 17 colpi di pistola l’allora procuratore della Repubblica Bruno Caccia. A dirlo un’indagine della Procura di Milano che si è conclusa a Torino con l’arresto nella notte del 64enne di origini calabresi. Secondo le ultime indiscrezioni l’uomo, ora panettiere nella periferia di Torino, ai tempi era affiliato al clan malavitoso Belfiore. Schirippa sarebbe stato il braccio destro di Domenico Belfiore, boss della ‘ndrangheta piemontese arrestato nel 1993 come mandante dell’omicidio. Movente del delitto le indagini di Caccia sulla spartizione degli affari tra Cosa Nostra e ‘ndrangheta tra Torino e Milano.

 

Il delitto Caccia dalle cronache dell’epoca

Nella Torino degli anni di piombo si consuma la tragedia del procuratore Caccia. Sono le 23:15 quando il magistrato sta per rientrare nella propria abitazione, in via Sommacampagna, dopo aver portato a spasso il cane. Ad attenderlo però ci sono due uomini su una Fiat 128 rubata. In pochi istanti i killer scaricano sul giudice 17 colpi di pistola, gli ultimi tre a bruciapelo per essere sicuri che il lavoro sia compiuto. Pochi minuti dopo una telefonata a un privato rivendica l’omicidio. “Qui Brigate rosse, avverta subito La Stampa che siamo stati noi a eliminare il giudice Caccia”. Seguono altre telefonate ai quotidiani nazionali. Tutto sembra far pendere davvero le indagini verso la pista terroristica. Ma l’imbeccata giusta arriva da un mafioso in galera, Francesco Miano, boss di una cosca catanese  insediata a Torino. Si scopre così che Domenico Belfiore aveva ordinato l’uccisione del giudice perché: «con il procuratore Caccia non ci si poteva parlare».

 

Una storia che, nonostante l’arresto di Belfiore (oggi ai domiciliari per problemi di salute), «presenta ancora troppi buchi» come sostenuto dall’avvocato della famiglia Caccia, Fabio Repici. Il legale, in occasione del trentennale della morte, aveva chiesto di riaprire il caso. Oggi con l’arresto di Schirippa, disposto dal pm Ilda Boccassini, forse il puzzle sarà più completo. Una svolta che, a distanza di trentadue anni, potrebbe far chiarezza su una delle pagine più buie nella storia di Torino.

Diana Cavalcoli