Dieci anni fa il rogo Thyssenkrupp, l’incidente che ha cambiato la legge sul lavoro

Sette vittime, sei condannati in via definitiva, quasi 13 milioni di euro in risarcimenti e una nuova legge per la sicurezza sul lavoro. Cosa ha lasciato la tragedia di Torino

di | Dic 5, 2017

Il pavimento è sfondato. I macchinari rimasti sono spenti e stanno andando a pezzi. Della fabbrica Thyssenkrupp è rimasto solo lo scheletro. Alessandro di Marco, fotografo dell’Agenzia Ansa, è entrato nei capannoni dove prima c’era l’acciaieria. La linea di produzione numero 5, quella dove è partito l’incendio nel 2007, è stata rimossa 5 mesi fa. In dieci fotografie, ecco la storia di uno dei più gravi incidenti sul lavoro accaduti in Italia.

Torino, acciaieria tedesca Thyssenkrupp. La notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007 nella linea 5 qualcosa non funziona. Scoppia un incendio. Esplode un macchinario un'ondata di olio bollente investe sette operai. Arrivano le ambulanze e tutti vengono trasferiti in ospedale.
Nessuno dei feriti riesce a sopravvivere. Antonio Schiavone muore poche ore dopo il ricovero in ospedale. Le condizioni degli altri sono gravi. Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, e Bruno Santino moriranno nei giorni successivi. L'unico testimone oculare dell'incidente è Antonio Boccuzzi, un sindacalista della Uilm che lavoro in quella fabbrica da 13 anni. (Nella foto Antonio Boccuzzi)
L'incidente diventa un caso nazionale. Sergio Chiamparino, allora sindaco di Torino, annulla i festeggiamente in piazza per il Capodanno. Il presidente del consiglio Romano Prodi parla della «tragedia sul lavoro più grande negli ultimi anni». Viene annunciata una stretta sulle leggi che regolano la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Iniziano le denunce. I sindacati da subito accusano la ThyssenKrupp di non aver rispettato le norme di sicurezza. Parlano di estintori vuoti, telefoni isolati e idranti inutilizzabili. Alcune delle vittime lavoravano da dodici ore. In questa fase diventano fondamentali le testimonianze di Boccuzzi. L'azienda nega qualsiasi responsabilità. Comincia l'inchiesta guidata dal pm Raffaele Guariniello e dai magistrati Francesca Traverso e Laura Longo.
Il quotidiano torinese La Stampa segue da vicino la vicenda. Nel gennaio 2008 riporta alcuni stralci di un documento sequestrato dalla Guardia di Finanza a Harlad Espenhahn, amministratore delegato della Thyssen in Italia. Si scrive che Boccuzzi, testimone chiave, «va fermato con azioni legali». Intanto nell'aprile 2008 viene approvato dal governo il testo unico delle leggi sulla sicurezza sul lavoro.
Le famiglie delle vittime firmano nel luglio 2008 un accordo con la Thyssenkrupp da 12 milioni e 970mila euro. Acettano il risarcimento dell'azienda e si impegnano a non costituirsi parte civile nel processo. Parteciperanno comunque a tutte le udienze. (Nella foto i familiari delle vittime)
Antonio Boccuzzi viene candidato alla Camera dei Deputati dal PD di Walter Veltroni. Viene eletto nella circoscrizione Piemonte 1 ed entra nella commissione lavoro. Nel 2013 viene rieletto, sempre nel PD. Ha presentato una proposta di legge come primo firmatario per l'istituzione di un giorno della memoria per le vittime del lavoro.
Il pm Guariniello chiude le indagini. La procura chiede il rinvio a giudizio per sei dirigenti dell'azienda tedesca. Nel gennaio 2009 comincia la prima udienza in Corte d'Assise: le accuse vanno dall'omicidio volontario all'incendio doloso. Vengono evidenziate gravi falle nella sicurezza dell'azienda. (Nella foto il pm Raffaele Guariniello)
Nel maggio del 2016 si chiude il processo. La Cassazione conferma le condanne nei confronti dei sei imputati. Le pene vanno dai 6 ai 9 anni. Fra i condannati c'è anche Harlad Espenhahn. Nell'ottobre 2017 la Cassazione ha bocciato i ricorsi presentati dai legali dei condannati. Gli imputati italiani inziano a scontare la loro pena in carcere. Al momento Espenhahn e l'ex consigliere Gerald Priegnitz sono ancora liberi in Germania. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha chiesto che la sentenza venga recepita ed eseguita.
La fabbrica ThyssenKrupp è ancora lì. Silenziosa e abbandonata. Il 19 luglio la giunta comunale di Torino ha bloccato i piani di riqualificazione, non erano in linea con la variante del Piano Regolatore. L'assessore all'urbanistica Guido Montanari ha spiegato: «Occorre ripensare l'intera area, perché la riqualificazione non riguardi solo l'ex fabbrica, ma tutta la zona. Non appena avremo in mano progetti più consistenti, procederemo».