Niente archiviazione per Marco Cappato, il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che il 27 febbraio scorso aveva aiutato Dj Fabo a compiere il suicidio assistito in una clinica svizzera. Il giudice per le indagini preliminari Luigi Gargiulo non ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura di Milano secondo la quale esisteva il diritto al suicidio nel caso di Fabiano Antoniani, il 39enne rimasto tetraplegico e cieco, dopo un gravissimo incidente stradale.

Gargiulo ha preferito fissare un’udienza di discussione tra le parti per il 6 Luglio per arrivare a una decisione più ponderata. «Non possiamo che accogliere positivamente questo ulteriore passaggio che denota ancor più quanto la tematica sia delicata», ha commentato Filomena Gallo, avvocato e segretario dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. Soddisfatta del provvedimento, a sorpresa, anche la Procura. Secondo quanto riporta l’ANSA, i giudici vedono infatti nella decisione di Gargiulo un’opportunità per riflettere sui diritti dell’uomo da un punto di vista giuridico.

Gli antefatti – Marco Cappato si era autodenunciato alla Procura di Milano per aver accompagnato Fabiano Antoniani, più conosciuto come Deejay Fabo, in Svizzera così da potergli permettere di ricorrere alla morte assistita. Il trentanovenne lombardo aveva espresso il desiderio di morire dopo che un incidente stradale lo aveva reso cieco e tetraplegico e si era più volte appellato al Parlamento, inutilmente. Per questo Cappato aveva fisicamente trasportato dj Fabo nella clinica svizzera. Interrogato dai pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini, il radicale era poi stato indagato per “aiuto al suicidio”. Qualche giorno fa era arrivata la richiesta di archiviazione. Il motivo: per chi si trova nelle condizioni «drammatiche»di Dj Fabo e con una «prognosi irreversibile», esisterebbe il diritto al suicidio. Cappato non avrebbe quindi commesso un reato, bensì agito nell’interesse della dignità dell’altra persona.

Il biotestamento – Dopo la morte di Dj Fabo e l’autodenuncia di Cappato, il Parlamento italiano ha approvato una legge sul biotestamento che riconosce alla persona il diritto di ricevere informazioni sul trattamento sanitario ed eventualmente di rifiutarlo. La norma, criticata dal Vaticano, non consente di staccare la spina come nel caso di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, ma introduce la possibilità di rinunciare a priori alle cure, comprese nutrizione e idratazione artificiali. E introduce anche la possibilità di ricorrere alla «sedazione palliativa profonda, in associazione alla terapia del dolore» se il paziente è affetto da «gravi sofferenze refrattarie ai farmaci».

Nei casi riguardanti minorenni o persone incoscienti, saranno i genitori o i tutori legali a decidere come procedere. Il medico «non ha obblighi professionali» in questo senso – cioè può obiettare – ma l’ospedale è tenuto a rispettare la volontà del paziente, anche se questo è in cura presso una clinica cattolica.