Igor il Russo in realtà è serbo e all’anagrafe è registrato come Igor Vaclavic. Ha 41 anni ed è in fuga dal 1° aprile 2017 dopo aver ucciso due volte e aver lasciato dietro di sé un ferito gravissimo. Circa mille uomini lo inseguono, ma non rinuncia a prepararsi, tra paludi e canneti, un caffè di ottima qualità. Conosce tanto bene la “Bassa” ferrarese quanto alcune tecniche paramilitari di sopravvivenza. Un fantasma in grado di applicarsi punti di sutura e sopravvivere per ore sott’acqua. Inafferrabile.
LA VERA IDENTITÀ – Dopo molti dubbi sull’identità del killer di Budrio, si è arrivati all’identikit dell’omicida: Igor Vaclavic sarebbe nato il 21 ottobre del 1976 a Subotica, in Serbia. Nelle foto segnaletiche è descritto alto 180 cm e abbastanza robusto. Igor avrebbe raccontato ad alcuni conoscenti di essere un ex militare dell’Armata rossa arruolato nei servizi speciali russi. Gli investigatori in realtà hanno confermato che Igor era un soldato serbo, ma hanno scoperto che è anche stato allontanato dall’esercito dopo un’accusa di stupro. Prima di diventare noto alle cronache gestiva un account Facebook dove mostrava foto in giacca e cravatta e continui cambi di pettinatura. Oltre al serbo, Ivan sarebbe in grado di parlare fluentemente in russo, italiano, ungherese, romeno e meno bene in spagnolo. Astuto, poliglotta, addestrato a sopravvivere in condizioni estreme: Igor il latitante è un’ombra che si muove di notte in una zona paludosa, tra ruderi disabitati e una vegetazione intricata.
IL NINJA – Igor Vaclavic fuggì dalla Serbia, dov’era ricercato per rapina e violenze sessuali. Arrivò in provincia di Ferrara nel 2005 e iniziò a lavorare come operaio. Due anni dopo, però, fu arrestato e condannato a 3 anni di reclusione: avrebbe rapinato decine di agricoltori nelle province di Ferrara e Rovigo. Sembrava trattarsi di un ladro di galline di altri tempi. Portava la faretra al collo con le frecce per il suo arco, si copriva il volto con una maschera e teneva legato alla gamba un coltellaccio. I contadini della “Bassa” ferrarese lo soprannominarono “il ninja”.
LA MANCATA ESPULSIONE – Igor uscì di prigione nel 2010 e venne raggiunto da un decreto di espulsione. Fu condotto al Cie di Bari ma né Russia né Uzbekistan lo identificarono come proprio cittadino. Il presunto apolide riuscì a lasciare il Cie promettendo di abbandonare l’Italia. Non passò nemmeno un anno e ripresero le rapine nel ferrarese. Questa volta Igor utilizzava un ascia per minacciare i contadini. Fu catturato dopo essere rimasto nascosto in un canale, persino con la testa sott’acqua: con una canna di fiume è riuscito a respirare per alcune ore, come ha raccontato agli agenti dopo la cattura. Nel maggio 2011 arrivò la seconda condanna: 5 anni e 8 mesi di reclusione, ma uno sconto di pena per buona condotta lo avrebbe fatto uscire dal carcere già nel 2015.
MANDATO DI CATTURA EUROPEO – Durante l’estate 2015, Igor diventò complice di altri due criminali della zona, Ivan Pajdek e Patrick Ruszo. Con i colleghi mise a segno tre colpi in alcune ville intorno a Ferrara. La banda uccise il pensionato Pier Luigi Tartari, anche se Igor non partecipò materialmente al furto. L’Europa decise allora che Igor era un criminale pericoloso a livello internazionale e nel 2016 emise un mandato di cattura europeo.
IL 2017 – L’attenzione mediatica e delle forze dell’ordine cresce dopo l’omicidio del 1° aprile: Igor Vaclavic uccide, durante una rapina, Davide Fabbri, proprietario di un bar a Budrio. L’ha sparato con la pistola che si scoprirà essere stata rubata a Cosandolo due giorni prima: Igor aveva assalito una guardia giurata a colpi di fucile per rubargli la calibro 9. La stessa sera dell’omicidio del barista i carabinieri lo rintracciano e sparano in aria per intimargli di arrendersi: ma Igor riesce a fuggire nei campi e nelle paludi della “Bassa” ferrarese facendo perdere le sue tracce. Solo dopo una settimana Igor ucciderà un’altra persona. Nell’incontro con il latitante ha perso la vita il guardiapesca Valerio Verri e resterà gravemente ferito il collega Marco Ravaglia.
LA FUGA, LE TRACCE, I SOSPETTI – Dopo il secondo omicidio Igor abbandona un Fiorino bianco: al suo interno i carabinieri trovano materiale che lascia ipotizzare ancora una volta che il serbo conosca sofisticate tecniche paramilitari e di sopravvivenza. Prima un kit di pronto soccorso fai-da-te con disinfettante, cerotti di grandi dimensioni, guanti di lattice, cotone, adesivi per suture cutanee, tamponi vari. Poi il comparto alimentare: quattro confezioni di biscotti, una mortadella da 700 grammi, tre scatole di tonno, 450 grammi di Nutella, provola, ragù in busta, caffè di ottima qualità, patatine, zucchero, limoncino, bottiglie e lattine di Coca Cola, e una caffettiera. Tra tutta l’oggettistica poi, un dizionario italiano-spagnolo, guanti in pelle nera, un punteruolo di 48 centimetri, una pinza, un foulard a pallini, due zaini e una tuta mimetica. Oggi sono più di mille gli uomini delle forze dell’ordine che stanno rastrellando la zona delle paludi tra Bologna e Ferrara alla ricerca di Igor Vaclavic. L’ex complice, Ivan Pajdek, in carcere dopo la condanna a 30 anni per l’omicidio Tartari, ha offerto la sua collaborazione ai magistrati: «Se gli inquirenti lo vogliono, sono disponibile a collaborare nelle ricerche di Igor Vaclavic, perché lo conosco bene». Ma la caccia al criminale serbo si infittisce di ora in ora: dopo la sparizione di una zattera di un contadino, utilizzata dallo stesso per gli spostamenti tra i canali nella zona al confine tra i territori di Ferrara e Bologna, gli inquirenti temono che Igor sia uscito dal raggio di azione delle forze dell’ordine, area di 40 chilometri quadrati che comprende le province di Ferrara, Bologna e Ravenna. I militari pensano si muova soltanto di notte per cercare il cibo e poi torni a nascondersi in uno dei rifugi tra le paludi che il serbo conosce bene. Ci sono anche sospetti su una rete di amici che supporti Igor, soprattutto per la difficoltà che avrebbe senza appoggio di qualcuno nel procurarsi acqua potabile. Ma dov’è finito Igor?