Marco Porretta ha 44 anni e fa l’arrotino da 11. Vive a San Vittore Olona, pochi chilometri da Legnano, dove riceve ogni giorno pacchi di forbici e coltelli da rimettere a nuovo. Tutto questo prima del coronavirus. L’8 marzo, quando il Dpcm firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha indicato i lavori che avrebbero continuato durante il lockdown, gli arrotini non erano neanche citati.

Il lockdown – Nel decreto si legge che «rimarranno aperte attività riguardanti il commercio al dettaglio di ferramenta, articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale», ma «io non mi occupo di commercio al dettaglio», spiega Porretta. «Propongo un servizio, aggiusto su commissione gli strumenti di chi vende beni essenziali». Macellai e venditori di prodotti alimentari, che durante il lockdown hanno lavorato come prima, anzi, di più. Coltelli da formaggio e da bistecche dovevano essere continuamente rifiniti per consentire ai commercianti di vendere e ai clienti di mangiare. Così, il doblò di Porretta, che sarebbe rimasto fermo in garage, non si è mai fermato. L’arrotino ha percorso ogni giorno l’hinterland milanese per affilare lame a domicilio. «Parrucchieri ed estetisti erano chiusi, ma alimentari e pescivendoli no», precisa. «Se avessi smesso di lavorare si sarebbero dovuti fermare anche loro, perciò ho continuato. Meno di prima, ma ho dovuto».

Arrotino “social” – Per Porretta, «Io resto a casa» non è rimasto che un hashtag, essendo itinerante di professione. Oltre al laboratorio di San Vittore Olona, fino al 18 maggio ha tenuto la saracinesca abbassata anche la bottega di viale Porpora 5, dove l’artigiano lavora tutti i lunedì. Qui custodisce antiche mole in bachelite e ossido di alluminio che ha imparato a usare con lezioni a “a distanza”. E non per colpa del coronavirus. «Undici anni fa, quando ho chiuso con la mia vecchia attività, non sapevo nulla di come lavorasse un arrotino», racconta. «Così ho cercato su Facebook chi svolgesse questo mestiere e l’ho contattato per farmi insegnare la tecnica». In che modo? Con le risorse della rete. «Ho creato il gruppo Facebook “Arrotino, arte e passione“, dove i più esperti del settore caricavano video per mostrare ai colleghi le tecniche di affilatura, come funziona una mola ad acqua, quale pasta abrasiva adoperare a seconda della necessità». In pochi anni, quel gruppo è diventato l’Associazione Arrotini e coltellerie, l’unico organo di riferimento ufficiale per chi pratica il mestiere. Sulla piattaforma si sono riversati una settantina di arrotini sparsi in tutta Italia, meno di quelli attivi nella sola Lombardia che, secondo l’Osservatorio di Confartigianato (2019), sono 94. In Italia sono 540 i colleghi di Porretta, in gran parte eredi di tradizioni familiari, sempre più neglette.

Il nuovo marchio – «L’arrotino è una figura leggendaria, ormai, io ho girato l’Italia in macchina per trovare qualcuno che m’insegnasse a diventarlo», spiega il legnanese. «È un mestiere che soffre ancora tanto di abusivismo e improvvisazione. L’unico modo per impararlo è trovare chi lo fa in modo eccellente e costruirci la giusta sinergia». Lezione che Porretta ha messo in pratica negli anni. Il suo «maestro» vive a Barletta e, dopo averlo notato la prima volta dai video su Facebook, è andato a trovarlo ogni anno per apprenderne l’arte. Oggi la loro sinergia è totale e ha una forma. Quella dì un paio di forbici di derivazione giapponese, le “Hamaguri”, che i due arrotini hanno iniziato a produrre, in società. «Insieme abbiamo registrato il marchio e abbiamo già avviato la distribuzione, ognuno dal proprio punto vendita», dice Porretta. A giorni verrà lanciato il sito della nuova attività, insieme alla pagina Instagram. Passaggio doveroso per un arrotino “nato” grazie ai social.