Tre esami annullati a pochi mesi dalla laurea, prevista per i primi di luglio. Una studentessa della facoltà di Medicina in lingua inglese dell’università Statale di Milano sta vivendo l’incubo di tutti gli studenti, vedersi annullati degli esami e rischiare di ritardare la sua incoronazione con l’alloro. Nonostante l’obbligo di seguire i corsi in presenza, la ragazza aveva chiesto e ottenuto dal Collegio didattico della International Medical School di accedere alla didattica a distanza per seguire le lezioni online da Israele. La studentessa è infatti riservista dell’Idf, le forze di difesa israeliane, e ha dovuto rispondere alla chiamata di Tel Aviv. Tutto regolare dato che è un militare dell’area sanitaria in servizio allo Sheba Medial Center di Ramat Gan, a nove chilometri da Tel Aviv, e quindi ci sarebbe continuità didattica, come spiega la circolare ministeriale del 20 novembre 2023. Quindi lezioni online sì, attività professionalizzanti – il tirocinio – anche. Ma la circolare non prevede la possibilità di svolgere anche gli esami a distanza.

La legge – Torniamo appunto agli esami. Che la studentessa ha sostenuto e passato mentre si trovava in Israele. L’ateneo ora si appella alla legge, che parla chiaro: non è possibile sostenere le sessioni da remoto, pena l’invalidità. Risultato: la rettrice Marina Brambilla ha firmato il provvedimento di annullamento e la ragazza si è vista levare tre esami dal libretto virtuale. Ora si potrebbe finire in tribunale. La riservista ha fatto sapere che si è rivolta a dei legali sostenendo di essere vittima di un atteggiamento discriminatorio, accuse che l’università ha rispedito al mittente senza esitazioni.

La risposta dell’Ateneo – In merito a questo caso, l’università ha già inviato una nota per spiegare la situazione. Secondo il loro comunicato, infatti, ci sarebbe stato un «errore di interpretazione da parte dei docenti – riferendosi alla circolare ministeriale 2023 – che da la possibilità di seguire lezioni online, ma non permette di svolgere gli esami a distanza». La Statale, nella nota stampa, ha voluto ribadire che «secondo la legge attuale gli esami online sostenuti dalla studentessa non sono validi». Infatti la normativa spiega che solo in caso di malattia grave o con un nullaosta nel ministero si può avere la deroga, cosa che in questo caso non è avvenuto. L’ufficio stampa ha fatto sapere che «è già stata attivata una procedura interna per chiarire la posizione dei docenti che le hanno permesso di sostenere gli esami da remoto», in altre parole alcuni professori avrebbero interpretato male la circolare del ministero creando un precedente che andrebbe a minare il valore del titolo di studio. Sulla discussione che è nata e sulle accuse di discriminazione l’ateneo ha chiarito che «prende le distanze da ogni tentativo di strumentalizzazione politica della vicenda invitato tutti a riconoscere nell’università un luogo di pace e di dialogo».

La polemica – Il riferimento alla strumentalizzazione politica si riferisce alle polemiche nate in alcuni collettivi universitari di sinistra: secondo loro questa studentessa avrebbe ricevuto un trattamento di favore e hanno accusato l’università, e più in generale il sistema di atenei italiano, di «essere complici di Israele». Studenti Indipendenti – Link, UniSì e Sinistra Universitaria-Udu si sono scagliate contro eventuali deroghe: «Le normative vanno applicate con rigidità anche in casi di situazioni familiari complicate, condizioni di salute mediche gravi e accertate agli studenti non sono concesse deroghe sulla presenza e la frequenza al corso di laurea. Come non sono concesse a tutti quegli studenti che si trovano in stati in guerra o bloccati per ragioni umanitarie. Perché sembrano esserci ragioni più importanti di altre? E perché queste ragioni sussistono per tutelare un esercito accusato di crimini contro l’umanità?».