Sei colpi d’arma da fuoco nel centro storico di Firenze, sul Ponte Vespucci. Il 5 marzo, a mezzogiorno, una raffica di proiettili ha colpito Idy Diene, cittadino senegalese di 54 anni con regolare permesso di soggiorno. I tentativi di rianimazione sono stati inutili. Qualche momento dopo i militari hanno individuato e arrestato Roberto Pirrone, 65enne di Firenze, autore dell’omicidio. In serata la rivolta della comunità senegalese di Firenze. È una delle zone più controllate della città: a poche centinaia di metri c’è il Consolato degli Stati Uniti, presidiato giorno e notte dai camion dell’esercito per l’operazione Strade sicure.
Doveva essere un suicidio – Pirrone è uscito di casa con una Beretta regolarmente detenuta la mattina di lunedì. Dalle prime dichiarazioni dell’omicida sembra in realtà che l’uomo avesse intenzione di suicidarsi. Dopo l’arresto ha raccontato agli inquirenti che voleva farla finita per problemi economici. Non trovando il coraggio di uccidersi, avrebbe scelto di commettere un omicidio per finire in carcere e non gravare più sulle finanze familiari. Le sue dichiarazioni troverebbero conferma in una lettera d’addio indirizzata alla figlia: gli inquirenti l’hanno recuperata nell’abitazione di Pirrone.
L’omicidio – Dopo l’arresto, Pirrone ha raccontato che gli è capitata sotto tiro una donna di colore. Non se l’è sentita di sparare perché la donna aveva un bambino in braccio. Poco dopo ha incrociato un venditore ambulante di ombrelli, Idy Diene, e ha aperto il fuoco contro di lui, colpendolo anche alla testa. Sono stati minuti di terrore. Il 118 ha provato in ogni modo a rianimare la vittima, ma non c’è stato nulla da fare. La polizia e i militari hanno subito rintracciato Pirrone che, sotto shock si aggirava in una strada vicina. Lo sparatore è stato subito arrestato, ma ciò non è servito a stemperare la tensione che, dopo la notizia della sparatoria, stava salendo all’interno nella numerosa comunità senegalese di Firenze.
La protesta – I senegalesi sono scesi in strada bloccando ponte Vespucci e impedendo a un autobus di proseguire la corsa. Poi, nel tardo pomeriggio, è partito un corteo di protesta in centro: circa trecento uomini di colore, partiti dal ponte dell’omicidio, si sono diretti in piazza della Signoria. Sotto Palazzo Vecchio, la sede del Comune, hanno incontrato l’assessore al welfare Sara Funaro e l’imam Izzedine Elzir. In seguito, in via Calzaiuoli, sono iniziati gli atti vandalici: la marcia è diventata violenta e i manifestanti hanno distrutto fioriere, rovesciato cestini dei rifiuti e gettato a terra alcuni scooter. I passanti si sono rifugiati nei negozi mentre i senegalesi si dirigevano verso piazza del Duomo: qui hanno danneggiato le recinzioni del cantiere della nuova tramvia. «Ci devono spiegare perché ha sparato. Non ci devono dire che è un pazzo. Siamo arrabbiati e non ci piace che questa cosa sia avvenuta in questo momento politico dell’Italia», ha detto Pape Diaw, rappresentante della comunità senegalese. Poi però sono arrivate le scuse del portavoce della comunità, mentre la procura confermava che la sparatoria non è stata un gesto ispirato da sentimentio razzisti. Il sindaco Dario Nardella ha condannato su twitter la protesta: «Comprendiamo il dolore della comunità senegalese, ma la protesta di questa sera in centro è inaccettabile. I violenti, di qualsiasi provenienza, vanno affidati alla giustizia».