Nove persone, di cui due della società appaltatrice Sergen e sette dirigenti Eni, hanno ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Prato per l’esplosione che il 9 dicembre 2024, nel deposito Eni di Calenzano (Firenze), ha provocato 5 morti e 28 feriti. Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. In base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa (che coinvolge gli enti di cui fa parte la persona fisica accusata), è stata indagata anche Eni S.p.a, in particolare la sede di Roma.

La ricostruzione – A causare lo scoppio nel deposito di stoccaggio di benzina, gasolio e petrolio è stato il legame tra la linea di carico da ripristinare e altre due, attive, che rifornivano le autocisterne. Gli operai avrebbero, dunque, aperto una valvola sulla linea chiusa. A quel punto una nuvola di idrocarburi ha toccato un innesco che, diversamente da come si pensava dalle prime ricostruzioni, non è stato una scintilla, ma il calore del motore di un muletto. Da lì, le quattro esplosioni.

L’inchiesta – «Era un evento prevedibile ed evitabile», ha dichiarato il procuratore Luca Tescaroli. Quel giorno, le linee di carico carburante accanto a quella dove erano in corso lavori di manutenzione non sono state fermate. «Se le pompe fossero rimaste chiuse come dovevano dalle ore 9 alle ore 15, sarebbero andati persi circa 255.000 mila euro di guadagni», ha continuato Tescaroli. Tra gli elementi presi in considerazione dall’inchiesta c’è anche il vantaggio economico per Eni stimato dall’attività della giornata. L’errore di non bloccare tutto, per il procuratore, è stato «grave e inescusabile».

La cartella manomessa – Ad aggravare la posizione della società, i fatti successivi all’incidente. Per coordinare i lavori di riattivazione della linea dismessa era stata creata una cartella condivisa tra Eni e la ditta appaltatrice. Lì, però, non era specificato che il luogo in cui operare fosse in collegamento con quello in uso. Tradotto: per Sergen, stando alle indicazioni arrivate «da personale Eni in un sopralluogo del 18 novembre 2024», non ci sarebbe stato nessun problema a lavorare sulla specifica valvola. Un mese dopo l’incidente, però, nella cartella condivisa sono comparsi documenti e appunti con specifiche e procedure diverse da seguire rispetto a quelle iniziali. Una delle nove persone indagate avrebbe «tentato in qualche modo di ostacolare le indagini». Per chi conduce l’inchiesta, tutto «appare proiettato a ostruire l’individuazione di responsabilità da parte di figure professionali di Eni». La società si è detta pronta a collaborare con la giustizia per «individuare le dinamiche all’origine dell’incidente e ribadisce l’impegno al risarcimento dei parenti delle vittime».