No al fumo nelle spiagge italiane. Non sarà una semplice richiesta formale quella del Codacons (Associazione per i diritti dei Consumatori) ma una denuncia in pieno stile: prima arriverà una diffida ai prefetti di tutta Italia per chiedere il divieto di fumo sulle spiagge e nel frattempo, se i Comuni non prenderanno misure immediate, farà partire un’azione legale per «concorso in inquinamento» e in «danneggiamento aggravato del patrimonio naturale». Lo ha annunciato lunedì 10 giugno lo stesso Codacons con un comunicato ufficiale pubblicato sul proprio sito. «Mentre è alta l’attenzione sul fronte plastica – si legge – sulla questione del fumo in spiaggia la situazione attuale è a macchia di leopardo, e crea incertezze tra i cittadini e disparità di trattamento».
Le tappe – Nella nota l’associazione presieduta dall’avvocato Carlo Rienzi individua anche una serie di tappe precise per cercare di raggiungere l’obiettivo: lo stop al fumo nelle spiagge italiane. In primo luogo, già lunedì, sarà inviata una diffida ai prefetti perché ordinino «alle amministrazioni comunali l’adozione di apposite ordinanze tese a stabilire divieti di fumo e di abbandono di prodotti da tabacco sulle spiagge di loro competenza». Poi, se entro pochi giorni (probabilmente entro l’inizio della stagione estiva) i Comuni non inizieranno a scrivere ordinanze legate al divieto del fumo sulla sabbia, arriverà la denuncia in sede giudiziaria. E, considerati i tempi stretti, si profila una sorta di class action: l’associazione dei consumatori contro migliaia di comuni italiani.
Cosa possono fare i Comuni – Negli ultimi anni molti sindaci si sono concentrati sul tema del “plastic free” nelle spiagge: in numerose zone costiere, regioni e comuni hanno firmato accordi con gli stabilimenti balneari per dire “stop” alla plastica monouso (bicchieri, posate…). E’ vero però che già alcuni municipi si sono mossi per tempo anche su sigarette e simili: già oggi a Sassari, Savona, Lampedusa, Ladispoli e Anzio non si può fumare. Rimane invece il divieto, ovunque, di gettare i mozziconi sulla sabbia: si può incorrere in una multa tra i 60 e i 300 euro. Da un punto di vista giuridico le spiagge italiane appartengono al demanio marittimo (quindi pubbliche) ma spesso lo Stato le dà in concessione a privati e, senza una legislazione unitaria sul tema, l’autonomia spetta a regioni e comuni che devono scrivere ordinanze ad hoc.
L’estate dei divieti? – Ma non c’è solo il fumo tra i possibili divieti. Negli ultimi mesi, i sindaci di tutta Italia hanno messo nel mirino altri comportamenti dei bagnanti, con ordinanze spesso curiose: per esempio, dall’estate scorsa, a Stintino (in Sardegna) non si può più stendere l’asciugamano direttamente sulla sabbia (sono permesse solo sdraio e lettini) oppure al Lido di Venezia non si può giocare a palla, tuffarsi dalle dighe e far volare aeroplani con messaggi pubblicitari (o d’amore). Due anni fa la sindaca di Roma, Virginia Raggi, aveva anche proibito ai bagnanti di mangiare cibo portato da casa in spiaggia ma poi nell’estate 2018 era arrivato il dietrofront che dura anche oggi: si può portare il “fagotto”, ma va usato all’aperto ma non si può consumare nelle cabine degli stabilimenti balneari. Rimane ovunque il divieto di portare cani e di accamparsi mentre a Forte dei Marmi (cuore della movida della Versilia) è stato messo un tetto per le “feste” negli stabilimenti balneari: sarà il comune a deciderlo di volta in volta e concedere l’autorizzazione.