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A destra, il pm Raffaele Guariniello (credit: Ansa)

«Sono entusiasta per questa sentenza ma nello stesso tempo mi arrabbio pensando a quante tragedie sul lavoro, con o senza l’amianto di mezzo, sono state dimenticate dalla giustizia». Questo il commento  del pm Raffaele Guariniello il giorno dopo la condanna di Stephan Schmidheiny, proprietario dell’Eternit, a 18 anni di carcere. L’azienda fino agli anni ’90 produceva manufatti in amianto in diversi stabilimenti (il più noto è quello di Casale Monferrato) ed è stata chiusa dopo che quasi un migliaio di operai (molti dei quali già deceduti) sono stati colpiti da mesotelioma, il tumore alla pleura causato dal contatto con le fibre d’amianto.

Nella sentenza di secondo grado, arrivata il 3 giugno, un anno e mezzo dopo la prima, l’unico imputato (l’altro, Louis De Cartier de Machienne, era morto il 21 maggio scorso) è stato assolto dal reato di omissione volontaria di cautele infortunistiche ma condannato per quello di disastro ambientale doloso permanente, con un aumento di due anni rispetto al primo grado. «Diciamo che è consuetudine che nelle corti d’appello si riducano le pene», spiega Guariniello. «Qui è stato aumentata per l’elevata capacità di delinquere di Schmidheiny, la sua consapevolezza della pericolosità dell’amianto, per la stessa strategia di disinformazione messa in atto con le fabbriche aperte e proseguita dopo».

Nell’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, il pm esprime soddisfazione ma anche rabbia: «A Torino e in altre città si fanno i processi sulla salute di lavoratori e cittadini mentre altrove non si sa nemmeno cosa sono questi processi. Non c’è la cultura, non c’è la specializzazione dei magistrati». Perché non c’è stata solo l’Eternit a fare danni così gravi: «In giro per l’Italia si costituiscono associazioni di familiari delle vittime che non riescono ad avere giustizia. L’ultimo caso di cui sono stato messo al corrente è quello di uno stabilimento campano, fra Salerno e Avellino, dove si smontavano vagoni ferroviari pieni di amianto. Cominciano ad esservi numerosi decessi fra i lavoratori di quello stabilimento e nessuno apre un’indagine».

Il bilancio del pubblico ministero, in ogni caso, è positivo: «L’Italia oggi può essere soddisfatta della sua giustizia. Siamo riusciti a fare un processo che in nessun altro Paese al mondo sinora si è mai potuto fare».

Giorgia Wizemann