Scendono gli omicidi in generale ma aumentano quelli tra le mura domestiche. Stando al rapporto “Caratteristiche, dinamiche e profili di rischio dell’omicidio in famiglia in Italia” pubblicato dall’Eures, dei 329 omicidi volontari avvenuti nel 2018 163 (il 49,5% del totale) si sono consumati in ambiente famigliare o comunque affettivo. Si tratta della percentuale più alta mai registrata in Italia. Di tutte le vittime 109, cioè due su tre, sono donne (73 mogli o ex dei loro assassini). Cresce il numero degli omicidi compassionevoli e di quelli per mano dei genitori. A maggio 2019 le vittime censite sono invece 64: trentadue all’interno di coppie, 9 per mano dei genitori e 5 fratricidi.

Armi da fuoco – Il mezzo più utilizzato per uccidere in famiglia nel 2018 è stata l’arma da fuoco. Sessantacinque vittime (39,9% del totale) sono morte per il colpo di una pallottola: quasi il doppio rispetto a quelli registrati dall’Eures nel 2017, quando erano 33. Nel 64,6% dei casi in cui le vittime sono state uccise con armi da fuoco, l’assassino aveva il possesso di un regolare porto d’armi, spesso per motivi di lavoro. «La presenza di armi in casa, tanto discussa in questi mesi – si legge nel rapporto – più che uno strumento difensivo contro eventuali minacce esterne, si configura come strumento offensivo diretto contro i propri cari (spesso inermi), aprendo necessariamente una doverosa riflessione sull’opportunità di una sua più ampia diffusione». Meno utilizzate sono le armi da taglio (40 casi). Sono invece 16 le morti avvenute in seguito a percosse o utilizzo di corpi contundenti.

Più problemi tra genitori e figli – Sono 31 i figli uccisi dai propri genitori nel 2018, dieci casi in più rispetto a quelli avvenuti nel 2017. Venti di questi sono stati uccisi dai padri e undici dalle madri, che sono però le responsabili dei 4 casi censiti di omicidi di bambini sotto l’anno di età. Il rapporto sottolinea anche come i figli siano spesso da considerare anche vittime collaterali degli assassinii nelle relazioni di coppia, sia perché spesso rimangono senza entrambi i genitori sia perché segnati psicologicamente a vita dalle violenze a cui hanno assistito tra le mura di casa.

Omicidi compassionevoli –  I casi di omicidi compassionevoli, spinti dalla volontà di aiutare la vittima a porre fine a una situazione di sofferenza fisica o psichica dovuta a malattie terminali, demenza senile o forme gravi di disabilità, sono stati 23. Dopo aver ucciso il proprio famigliare, nella maggioranza di questi casi, l’assassino stesso si è poi suicidato.

Rapporti di coppia – Oltre la metà delle 163 vittime sono state uccise dal partner, coniuge e non, o un ex partner. Di queste 73 sono donne e 7 uomini. Le relazioni più a rischio sono quelle in cui la coppia convive o è ufficialmente coniugata: 60 rapporti si sono conclusi con un omicidio (53 donne e 7 uomini). Anche la gelosia per la fine delle relazioni incide sul totale delle morti, con 13 casi di uccisione per mano dell’ex partner.

Maglia nera per Roma e Lombardia – A livello provinciale in testa per numero di omicidi in famiglia troviamo Roma (11 casi di cui 6 nel territorio della Capitale). Seguono Caserta (9), Monza e Brianza (8) e Catania e Torino, entrambe con 7 casi censiti dall’Eures. Se si guarda ai territori regionali, la maglia nera va però alla Lombardia, dove le morti per mano di famigliari sono state 29 (rispetto alle 26 del 2017) e dove si concentra quasi il 20% del fenomeno complessivo.