Avrebbe inneggiato all’Isis e minacciato di fare «strage di italiani». Così, dopo diverse segnalazioni, è intervenuta la Digos che all’alba di mercoledì 20 dicembre ha perquisito la casa Aler di Via Cividale di  M.D., 39enne tunisino residente in Italia da 20 anni sono stati trovati un passaporto e una carta identità falsi: i documenti avevano la fototessera del fermato, ma i dati di un uomo egiziano. Il giorno dopo 21 dicembre, al processo per direttissima al Tribunale di Milano, l’arresto è stato convalidato.

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L’ingresso del Tribunale di Milano

Il processo per direttissima – Il 21 dicembre, davanti al giudice del Tribunale di Milano il tunisino ha confessato di aver aiutato un intermediario nella fabbricazione dei documenti, affermando però di non conoscere la persona a cui sono intestati. L’imputato ha ammesso che non è la prima occasione: altre volte, grazie ai documenti falsi, ha inoltre sostenuto di essersi presentato al posto di altri all’esame di lingua italiana necessario per poter ottenere il permesso di soggiorno. Lo avrebbe fatto per soldi: l’intermediario lo avrebbe pagato tra i 100 e i 150 euro per ogni «prestazione».

«Non sono un terrorista» – Già condannato a 2 anni e 8 mesi per spaccio e lesioni personali, pende su di lui un procedimento di espulsione: «Se avessi i soldi per farlo, me ne sarei già andato», ribatte l’imputato. Nella sua casa non sono state trovate armi o esplosivi. Riguardo all’accusa di meditare azioni terroristiche, nega con decisione: «Non ho alcuna simpatia per l’Isis». Poi, tira in ballo lo zio, «residente a Milano», ma con cui non ha contatti da lungo tempo: «E’ coinvolto negli attacchi dell’11 settembre». Alla fine del dibattimento, la giudice accoglie le richieste del Pm e convalida l’arresto riconoscendo il pericolo per la collettività e il rischio di reiterazione del reato.