Amina Sailouhi, 43enne marocchina, è stata uccisa a coltellate dal marito nella notte di sabato 3 maggio. A chiamare il 118, rannicchiata nella sua camera a Caleppio di Settala, la figlia di 10 anni. «Venite, papà ha ucciso la mamma», ha detto al telefono agli operatori. Papà è Khalid Achak, 50 anni, operaio dell’azienda produttrice di condizionatori Daikin. È l’ennesimo femminicidio, il 14esimo da inizio anno. Più di tre al mese, quasi uno a settimana. Due anni e mezzo fa l’uomo, alcolizzato e violento, era già stato denunciato per maltrattamenti. In quell’occasione era scattato un iter processuale che oggi risulta ancora aperto. Inoltre si era disposto l’intervento dei servizi sociali per la figlia, ma gli operatori sembravano escludere pericoli per la bambina. Achak è stato arrestato per omicidio con l’aggravante del vincolo familiare e ora si trova nel carcere di San Vittore. La bambina è incolume ed è stata affidata al fratello della vittima.
La vicenda – La dinamica dell’omicidio non è ancora stata chiarita definitivamente. Attorno alle 21.00 di sabato Sailouhi è in pigiama, ha appena messo a dormire la bimba e lei stessa sta per coricarsi. In quel momento diventa bersaglio dell’ultima violenza del marito che la colpisce con una dozzina di coltellate inferte soprattutto nella zona del torace e sulle braccia, a testimonianza del suo tentativo di difesa. La bambina dormiva nella camera di fronte e, al suo risveglio (due ore più tardi), avrebbe visto il cadavere della madre e chiamato i soccorsi. Achak ha interrotto la figlia al telefono, strappandole la cornetta e insultando gli operatori del 118, i quali hanno girato la segnalazione ai carabinieri della compagnia di San Donato. Una volta arrivati al trilocale di Caleppio gli agenti hanno trovato la figlia che usciva dal portone di casa, seguita dal padre in stato alterato e con solo gli slip addosso. «L’ho ammazzata» ha subito confessato il 50enne. All’interno dell’abitazione è stata rinvenuta l’arma del delitto, un coltello da cucina ancora sporco e appoggiato su una cassettiera.

FRANCO SILVI/ANSA
Una tragedia annunciata – I condomini della palazzina in via Cerca 12, nella periferia ad est di Milano, sono addolorati ma non sconvolti. Intervistati da diverse testate, raccontano una situazione di continua tensione che andava avanti da circa cinque anni. Ubriachezza molesta, urla e minacce rivolte alla moglie così come ai vicini, sedie e bottiglie scaraventate fuori dalla finestra. Una signora ha raccontato a La Stampa della segnalazione, non confermata, che avrebbe rivolto all’assassino un paio d’anni fa: «Una sera si era tagliato mani e piedi e mi aveva imbrattato la porta di sangue, anche il muro. Per tutta la notte era rimasto a bussare alla parete».
La denuncia del 2022 – La violenza di Achak era quindi risaputa, tanto che nel novembre 2022 Sailoluhi aveva sporto denuncia dopo essere stata presa a pugni. Era stata ricoverata in ospedale, mentre la figlia era stata affidata a uno zio materno nel Bresciano, dove si trova anche ora. A quel punto si erano attivati due percorsi distinti: i carabinieri avevano attivato il codice rosso e segnalato la situazione alla procura ordinaria; parallelamente la procura per minorenni aveva reso necessario l’intervento dei servizi sociali del Comune di Settala. L’uomo si sarebbe allontanato per un periodo, per poi tornare alla convivenza. Da una parte, il procedimento risulta ancora aperto seppur disperso nei migliaia di fascicoli per violenze domestiche. Non è stato preso alcun provvedimento cautelare. Dall’altra, gli operatori stavano ancora monitorando la situazione ma ritenevano di avere tutto sotto controllo. Il sindaco Massimo Giordano, che ha disposto di tre giorni di lutto cittadino, ha dichiarato a SkyTg24: «Penso che tutto quello che la nostra Amministrazione ha fatto fosse conforme alle procedure e che di più non si potesse fare». Di un altro avviso i vicini, che organizzeranno una raccolta fondi per la bambina. Dal suo balcone, un signore dichiara all’inviato di Repubblica: «Se tieni la paglia vicino al fuoco come vuoi che vada a finire?».