Gli addetti alla sicurezza di Fiumicino hanno fatto scendere dall'aereo un clochard che aveva passato la notte in un velivolo dell'Alitalia. Un fatto che pone interrogativi sulla sicurezza dello scalo della Capitale.

Gli addetti alla sicurezza di Fiumicino hanno fatto scendere dall’aereo un clochard che aveva passato la notte in un velivolo dell’Alitalia. Un fatto che pone interrogativi sulla sicurezza dello scalo della Capitale.

Gli agenti della sicurezza di Fiumicino, trovandolo addormentato per l’ennesima volta in un aereo in sosta, avranno pensato: «Ancora tu?». Il protagonista della vicenda è un senzatetto, sorpreso all’alba dell’11 febbraio a dormire tra i sedili di un velivolo dell’Alitalia.

Non è la prima volta che il ragazzo viene scoperto a trasformare un aereo dello scalo di Fiumicino in una dimora di fortuna. Secondo le indagini della polizia di frontiera il clochard, un pakistano di 25 anni, è riuscito a entrare nell’aeroporto della Capitale, approfittando forse di un buco nella recinzione. Subito dopo la scoperta, il senzatetto è stato condotto fuori dall’aereo e portato negli uffici di polizia. Per il giovane pakistano, sistemato per il momento in un centro di accoglienza, si profila un provvedimento di espulsione.

Da un lato, se il fatto può apparire curioso per l’innocua testardaggine del protagonista, dall’altro getta alcune ombre sul sistema di sicurezza dell’aeroporto della Capitale. L’apparato di sorveglianza di Fiumicino ha fatto subito scattare un’indagine interna, con l’obiettivo di individuare il punto esatto da dove è passato il clochard.

La vicenda ha riaperto il dibattito sull’efficacia dell’apparato di sorveglianza dello scalo, mentre la polizia ha affermato che l’aereo non sarebbe mai potuto partire con un clandestino a bordo. Nel frattempo, gli addetti alla sicurezza di Fiumicino stanno svolgendo accertamenti per accertare l’integrità della rete perimetrale della recinzione dell’aeroporto, lunga circa 60 chilometri. Lo scopo dell’indagine è verificare l’eventuale presenza di altri punti vulnerabili.

Roberto Bordi