Mancano dei pezzi nel puzzle di Garlasco. E a deciderlo è la Prima Sezione penale della Cassazione, che riapre il processo per l’omicidio di Chiara Poggi annullando la sentenza d’appello che assolveva il giovane Alberto Stasi.

A quasi sei anni dall’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 in una provincia pavese deserta per il Ferragosto, non si è ancora riusciti a dare un nome all’assassino.

L’unico indagato e imputato per la morte della ragazza è il fidanzato, che dopo l’assoluzione sia in primo che in secondo grado dovrà affrontare un nuovo processo, a seguito del rinvio a giudizio del 18 aprile. “Sono dispiaciuto, non si capisce il motivo”, avrebbe detto Stasi, che ha preferito stare lontano dall’aula nel giorno della lettura dell’ultima sentenza.

Il nuovo processo d’appello, che si svolgerà a Milano, davanti a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello, è stato richiesto dal procuratore generale Roberto Aniello nel corso dell’udienza davanti alla Suprema Corte il 17 aprile. Sarebbero evidenti illogicità, incongruenze, nonché la sopravvalutazione della prova scientifica le principali cause che hanno portato i giudici a stabilire il rinvio a giudizio. Una battaglia condotta dai Poggi, che avevano impugnato l’ultima sentenza in cassazione portando alla luce alcune lacune nei precedenti procedimenti. In particolare, potrebbero essere due gli elementi da riesaminare. Il capello corto mai analizzato ritrovato nella mano di Chiara, e la bicicletta dell’imputato con le tracce di dna della ragazza.

La famiglia della vittima è commossa e chiede giustizia. “Sono contenta perché i giudici hanno capito che Chiara ha bisogno di verità”, ha commentato la madre della vittima Rita Poggi. Sorpreso invece l’avvocato di Stasi Fabio Giarda, che avrebbe definito le precedenti sentenze “granitiche e cristalline”.

Silvia Ricciardi