Durissimo attacco a Donald Trump da parte dell’ex capo del Pentagono James Mattis, che condanna l’uso dell’esercito contro le proteste per la morte di George Floyd, definendo «abuso di potere esecutivo» lo sgombero della folla effettuato davanti alla Casa Bianca per una «bizzarra photo-op», e invita a «respingere e a richiamare alle loro responsabilità chi ha cariche e deride la nostra costituzione». Parole che arrivano poche ore dopo la dichiarazione del segretario della Difesa in carica Mark T. Esper, che ha comunicato il suo scetticismo riguardo la decisione di Trump di schierare le truppe regolari dell’esercito contro i manifestanti.
L’attacco di Mattis – «Donald Trump è il primo presidente che non vuole unire il popolo americano, non ci prova neanche – ha aggunto l’ex segretario della Difesa – Lui tenta deliberatamente di dividerci. Stiamo assistendo alle conseguenze di uno sforzo malevolo durato tre anni e nato da una leadership non matura». Dopo essersi dimesso per protesta nel dicembre 2018 contro la decisione del presidente di ritirare le truppe dalla Siria, Mattis è diventato una voce molto critica dell’operato del presidente.
Nuove accuse per i poliziotti – Mentre le alte cariche di Washington discutevano, i manifestanti hanno celebrato una grande vittoria: altri tre poliziotti sono stati accusati di complicità nell’omicidio – avvenuto a Minneapolis – di George Floyd perché non sono intervenuti mentre Derek Chauvin, il quarto ufficiale sulla scena, ha tenuto il ginocchio sul collo di Floyd per quasi 9 minuti. Anche le accuse nei confronti di quest’ultimo sono state aggravate: omicidio di secondo grado, volontario non premeditato. Dalle voci raccolte dai reporter del New York Times emerge soddisfazione, ma anche consapevolezza che delle accuse non sono una condanna e che in questi casi, con le attuali leggi in vigore, sarà difficile arrivare a una sentenza di colpevolezza. «Sarà una battaglia lunga, non uno sprint ma una maratona. Il problema della brutalità della polizia verso le persone di colore non finirà quando otterremo giustizia per George», ha detto Izzy Smith, un’insegnante di Minneapolis durante una manifestazione sul luogo dove Floyd è stato arrestato.
Nuove leggi in cantiere – Intanto l’ex presidente Obama ha rivolto a tutti i sindaci d’America un appello ad ammorbidire le politiche di uso della forza e avviare riforme nelle proprie città. In Colorado è in cantiere una legislazione che vieti la presa al collo che ha ucciso Floyd, la cosiddetta chokehold, mentre in Wisconsin si vuole limitare l’uso della forza letale da parte dei poliziotti. Il movimento Black Lives Matter ha anche delle rivendicazioni che risalgono alla sua fondazione e che durante queste proteste sono tornate a galla, tra cui la rimozione di statue e monumenti dedicati ai generali confederati. In Virginia è già stata approvata la rimozione di una statua del Generale Lee, la guida delle forze sudiste/schiaviste durante la guerra di secessione americana del 1861-65.
Marce e saccheggi – La situazione in molte città degli Stati Uniti, a partire da Minneapolis, ha avuto un’escalation vertiginosa soprattutto a causa di alcune proteste trasformatesi in rivolte con saccheggi e gravi danneggiamenti di proprietà. Alcuni scontri sono culminati con la morte di manifestanti, come il ventiduenne James Scurlock ucciso a colpi di pistola dal proprietario di un bar a Omaha, in Nebraska. L’uomo, Jake Gardner, è stato interrogato ma subito rilasciato e le autorità hanno annunciato che non ci saranno accuse. Il governo ha imposto un coprifuoco ma questo non ha impedito a centinaia di migliaia di persone di continuare a riunirsi e a manifestare. Ci sono stati scontri con la polizia, cariche e proiettili di gomma, ma anche casi in cui i poliziotti (o la guardia nazionale, richiamata per combattere i rivoltosi) si sono uniti ai cortei dando la mano ai manifestanti e inginocchiandosi con loro per mostrare il loro supporto alle istanze contro il razzismo e la brutalità della polizia.
L’origine delle proteste – Mercoledì 3 giugno è stato il nono giorno consecutivo di proteste dopo che il 25 maggio George Floyd è morto mentre era sotto la custodia di alcuni agenti di polizia chiamati da un rivenditore di tabacchi secondo cui il 46enne afroamericano aveva usato una banconota da 20 dollari falsa per comprare delle sigarette. Floyd lavorava in un ristorante ma aveva perso il lavoro a causa della pandemia e la sua morte ha scatenato proteste prima a Minneapolis e poi in tutta l’America. Come già successo per altri casi, come quello di Philando Castille, è stato il video amatoriale dell’arresto e del lento soffocamento dell’uomo a far infuriare i cittadini americani. Tre dei quattro agenti coinvolti sono stati licenziati e accusati di concorso in omicidio. Il quarto, Derek Chauvin, è stato arrestato con l’accusa di omicidio colposo, poi tramutato in omicidio volontario. Al momento dell’arresto Floyd è stato stato messo a terra e immobilizzato e, nonostante abbia detto più volte di non riuscire a respirare, Chauvin gli ha schiacciato il collo con il ginocchio per quasi 9 minuti, anche dopo che l’uomo ha già perso conoscenza. Solo all’arrivo dei paramedici il poliziotto si è alzato, ma era ormai troppo tardi. La compressione di collo e torace per un periodo così prolungato ha causato un arresto cardiaco e alle 9:25 di quella stessa sera George Floyd è stato dichiarato morto dai paramedici che lo hanno trasportato in ospedale.