Sergio Zanotti

Un frame del video diffuso a novembre che ritrae il bresciano Sergio Zanotti. YOUTUBE

Una pistola, un passaporto e una data scritta a penna. Sono i tre elementi che fanno parte di una foto spuntata online nella mattinata del 7 marzo. Ed è solo l’ultimo capitolo di una vicenda cominciata nell’aprile 2016, quando Sergio Zanotti, un ex imprenditore originario di Brescia, è partito per la Turchia e non è più tornato. L’immagine è stata recapitata su Messenger, l’app di messaggistica di Facebook, affiancata da un messaggio rivolto a un destinatario ben preciso: «Abbiamo un italiano in ostaggio – il testo riferito da BresciaOggi – e se il Governo italiano non risponde alle nostre richieste lo uccideremo entro tre giorni».

I tre giorni – Il mistero, però, rimane fitto. Anche perché la data scritta a penna nella foto corrisponde al 16 febbraio 2017, ovvero a quasi venti giorni fa. Non è quindi chiaro quando scadano i tre giorni di cui si parla nell’ultimatum: se l’uomo che ha diffuso il messaggio, un sedicente membro di Al Qaeda e simpatizzante dell’Isis che su Facebook compare con il nome di Abu Jihad, avesse inteso tre giorni a partire dal 16 febbraio, Sergio Zanotti potrebbe essere già stato ucciso. Se invece i tre giorni partissero oggi 7 marzo, il Governo italiano avrebbe tempo fino a venerdì 10 per dissuadere i presunti rapitori. In ogni caso il condizionale è d’obbligo in una vicenda che la Farnesina ha tenuto segreta per mesi e su cui sono tuttora in corso delle verifiche.

La vicenda – Zanotti, nato a Marone (provincia di Brescia) nel 1960, aveva un’impresa edile (poi dichiarata fallita) e in passato è stato condannato per evasione fiscale. Padre di cinque figli avuti da due relazioni, si è imbarcato per la Turchia da Malpensa il 14 aprile 2016 e l’ultima persona ad averlo visto è la seconda ex moglie, di origini dominicane. Da quel momento, dopo un primo messaggio in cui Zanotti fece sapere alla famiglia di essere arrivato a destinazione, non se ne è saputo più nulla. Secondo una delle figlie il suo ultimo accesso su Whatsapp risalirebbe a metà maggio. Pochi giorni dopo ne è stata denunciata la scomparsa, venuta a conoscenza dell’opinione pubblica solamente qualche mese più tardi, a fine novembre, quando il sito russo Newsfront ha diffuso un video che lo raffigura inginocchiato in un oliveto con un uomo armato alle sue spalle.

 

I dubbi – Più volte è stato riportato che l’uomo si trova in Siria, ma non sono mai arrivate conferme ufficiali in questo senso. A dicembre la prima ex moglie ha rivelato al Corriere della Sera che, secondo esperti della Farnesina, quella del primo video «non è un’ambientazione siriana ma potrebbe invece trattarsi di una zona della Turchia». Poca chiarezza anche sul motivo per cui Zanotti si sarebbe recato in Turchia. Quasi certamente, però, ci è andato per lavoro: un amico, l’imprenditore Marco Scalvinoni, ha affermato di aver mandato lui Zanotti in Turchia per procurargli una fideiussione. Sulla vicenda ha aperto un’indagine la Procura di Roma, che ha ipotizzato il reato di sequestro a scopo di terrorismo. Ovviamente a carico di ignoti. Non si è infatti ancora riusciti a capire quale sia l’identità dei presunti rapitori di Zanotti. Difficile però ricondurli all’Isis, visto che nel video di novembre l’ostaggio non indossa la tipica divisa arancione. Un altro dubbio riguarda la modalità di diffusione del video di novembre, che fu recapitato ai russi di Newsfront tramite Facebook. Perché inviarlo a un sito russo e non a un sito arabo? Come ha riferito il direttore dell’agenzia di stampa russa, il sedicente jihadista li avrebbe scelti perché il loro sito «viene letto dalla gente che conta».

Le versioni ufficiali – Oltre alla già citata indagine della Procura di Roma, anche la Procura di Brescia ha aperto un fascicolo parallelo. E sulla vicenda lavora fin dall’inizio anche la Farnesina, che ha chiesto il più stretto riserbo alla famiglia. Sul caso è stato informato anche il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (l’organo del parlamento che controlla i servizi segreti). Il cui presidente, Giacomo Stucchi, a fine novembre scrisse su Twitter che in quel momento si potevano fare solo ipotesi. E che c’erano solamente due certezze: il fatto che Zanotti non fosse in Italia e l’esistenza del video che lo ritraeva inginocchiato. Due certezze alle quali si aggiunge un nuovo indizio, il presunto ultimatum indirizzato al Governo italiano.