«Chiediamo di riavviare la produzione per agevolare la cessione dell’azienda, altrimenti vuol dire spegnerla». A dirlo è Stefano Bucchioni, coordinatore del settore Automotive di Fiom-Cgil di Monza e Brianza. A fronte del muro posto dalla dirigenza di Gianetti Fed Wheel, per il lavoratori in protesta dal 3 luglio rimane solo la convocazione di un tavolo di confronto presso il ministero dello Sviluppo Economico: «Abbiamo mosso tutti i contatti, ma non abbiamo ancora una data. È l’unica possibilità che abbiamo in merito alla nostra richiesta», spiega Tiziano Ripamonti della Fim-Cisl di Brianza e Lecco. Si sono infatti conclusi con un altro nulla di fatto gli incontri del 14 luglio in Assolombarda tra le sigle sindacali e i dirigenti di Gianetti, l’azienda brianzola che il 3 luglio scorso ha licenziato 152 dipendenti con un messaggio di posta elettronica. Da una parte l’amministratore delegato Goran Mihajlovic del fondo Quantum Capital proprietario dell’azienda, dall’altra i rappresentanti dei lavoratori con una proposta: «Aprire la cassa integrazione straordinaria per riorganizzarci e fare entrare tutti: le commesse ci sono, il lavoro c’è», spiega Ripamonti. Tradotto: il rispetto dell’accordo siglato con il governo, per cui le aziende devono impegnarsi a usare ogni ammortizzatore sociale a disposizione prima del licenziamento. L’intenzione è quella di vendere la Gianetti alla concorrenza, dicono i sindacalisti. Dopo la fumata nera del 14 non sono previsti altri incontri tra i sindacati e la dirigenza di Gianetti: «A questo stato di cose, o si smuove qualcosa nel frattempo da parte dell’azienda, o rimangono i tavoli al Mise», conclude Bucchioni.

Il blocco della Saronno-Monza – Dopo la smentita da parte dell’impresa dell’idea di riprendere l’attività si è estesa la protesta. Per circa tre quarti d’ora, il 14 luglio un corteo di dipendenti della Gianetti ha bloccato la superstrada Saronno-Monza, nei pressi della località di Solaro dove molte famiglie hanno qualcuno che lavora in Gianetti. Il blocco è stato rimosso dalla polizia locale di Milano. Si tratterebbe di un “errore di comunicazione” secondo  i sindacati, poiché la procura competente, cioè quella di Monza, sarebbe invece stata informata dell’iniziativa. A quel punto i manifestanti sono tornati verso la fabbrica e verso la stazione ferroviaria di Ceriano-Solario, dove hanno occupato i binari causando qualche rallentamento.

La protesta
– La vicenda di Ceriano Laghetto è uno dei primi effetti della fine del blocco dei licenziamenti del 30 giugno. La reazione da parte dei lavoratori alla decisione dell’azienda è stata immediata. Da inizio mese è in corso un presidio davanti allo stabilimento brianzolo. Il 7 luglio è c’è stato un incontro in prefettura tra le parti sociali. Le sigle insistono sulla convocazione di un tavolo di confronto presso il ministero dello Sviluppo Economico. Proprio al ministro Giancarlo Giorgetti e al suo collega al ministero del Lavoro, Andrea Orlando, è stata indirizzata nei giorni scorsi una lettera da parte dei manifestanti. L’8 luglio si sono svolti due eventi: un incontro tra le parti sociali in Assolombarda e uno con la Regione Lombardia che si sono conclusi con un nulla di fatto e con il rinvio all’incontro del 14. I dipendenti della Gianetti non sono intenzionati a mollare. Tende, barbecue e frigoriferi per resistere a oltranza davanti ai cancelli della fabbrica e continuano ad arrivare derrate alimentari per sostenere i manifestati. Chiedono la ripresa delle attività nello stabilimento e dichiarano che il giorno prima del licenziamento avevano scaricato materie prime per un totale di 400mila euro. Ma è tutto bloccato. Nella giornata del 12 luglio sono stati saldati i pagamenti che l’azienda doveva ai dipendenti sotto forma di quattordicesima e stipendi. Era questo uno delle richieste delle sigle a Gianetti. In attesa della convocazione del tavolo al ministero dello Sviluppo Economico, ci sono state numerose dichiarazioni di solidarietà verso i dipendenti licenziati da parte della politica. Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva e Sinistra Italiana hanno effettuato diverse interrogazioni in Parlamento, criticando sia il modo sia le ragioni dell’azienda. Anche la Lega richiede l’intervento dell’esecutivo.

Gianetti – «Il produttore leader di ruote d’acciaio per l’industria europea di veicoli commerciali», si legge sul sito della Gianetti, storica azienda brianzola fondata negli anni ’80 del diciannovesimo secolo. Da qualche anno è proprietà di Quantum Capital, un fondo con sede a Monaco di Baviera che già all’inizio dell’anno aveva lasciato al suo destino la Slim Fusina, azienda di lavorazione dell’alluminio con sede nel veneziano. Gianetti rifornisce marchi come Iveco, Volvo Man e Daimler e promuove una politica di etica aziendale che valorizza i rapporti virtuosi con i dipendenti. Come riporta il fattoquotidiano.it, nel 2020 l’azienda ha segnato un calo dei ricavi da 76 a 56 milioni, ma i conti stavano iniziando a migliorare. Le perdite operative, cioè la differenza tra i ricavi generati delle attività dell’azienda e le spese in un certo periodo, si erano dimezzate: da 10 a 5 milioni.

Non un caso isolato – Non è l’unica azienda ad avere deciso per i licenziamenti via mail. L’8 luglio anche la Gkn di Campi Bisenzio vicino a Firenze ha annunciato 422 esuberi in questo modo. L’azienda attiva nel settore aerostazione e dell’automobile ha motivato la scelta come unica alternativa possibile a rimanere competitivi nel mercato. I lavoratori di Gkn sono già stati ricevuti dal ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.