Il primo dicembre è la giornata mondiale contro l’Aids. Le conoscenze sulla malattia innescata dal virus Hiv sono notevolmente progredite rispetto al 1981, cioè quando in letteratura si iniziano a documentare i primi casi di una patologia ancora senza nome, ma se gli effetti in termini di contagio e mortalità sono diminuiti rispetto agli anni Ottanta, i dati sui nuovi casi tra giovani e giovanissimi non sono rassicuranti. Diminuisce l’attenzione e diminuisce la prevenzione, l’arma principale contro la malattia, soprattutto a causa dei ritardi dovuti al Covid. Anche per questo sono in salita i casi di persone infettate ma non diagnosticate. Oltre all’aspetto preventivo, però, si hanno ora a disposizione delle armi in più: una terapia farmacologica in grado di inibire la patologia, e un vaccino a Rna a cui sta lavorando Moderna.
Bambini e adolescenti i più colpiti – Ogni giorno muoiono nel mondo 301 bambini e adolescenti e si verificano 850 nuovi contagi nella stessa fascia di età. Lo sottolinea il rapporto “Addressing inequities in the global response. Children, adolescents and Aids in 2022” che fornisce un altro dato allarmante: nel mondo quelle i morti per Aids tra bambini e adolescenti sono state 110 mila nel 2021, il 17% sul totale. Per quanto riguarda i contagi in questa età, tre casi su quattro sono diagnosticati alle ragazze. Il rapporto dell’Unicef fotografa una situazione diseguale non solo a livello di genere ma anche a livello geografico, visto che la maggior parte dei decessi infantili si verifica nel continente africano.
L’Aids nel mondo e in Italia – Nonostante importanti passi in avanti, secondo le ultime stime delle Nazioni unite nel 2019 sono state 38,4 milioni le persone nel mondo risultate sieropositive, 650 mila quelle morte per Aids. Anche in questo caso si registrano importanti differenze a livello geografico, soprattutto a causa della disparità di accesso ai servizi sanitari. Con 15 mila casi diagnosticati nel 2020, in Europa l’incidenza è minore. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e riferiti allo scorso anno, l’Italia si posiziona al di sotto della media europea, con 1770 nuove diagnosi: tre ogni 100 mila abitanti contro le 4,3 della media europea. I casi registrati sono più frequenti negli uomini tra i 30 e i 39 anni d’età e per oltre l’80% di nuove diagnosi il contagio è avvenuto tramite rapporti sessuali.
Scende l’attenzione e la prevenzione – «La poca informazione ha fatto abbassare la guardia – spiega a La Repubblica Claudia Ballotta, l’infettivologa docente alla Statale di Milano responsabile del forum Anlaids – spesso quando arriva la diagnosi è troppo tardi». In molti adolescenti manca la consapevolezza della pericolosità dell’Aids e dell’importanza dei gesti capaci di prevenirla, su tutti l’utilizzo dei dispositivi di protezione sessuale. Un rapporto congiunto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dell’Ufficio europeo dell’Oms mostra come dal 2018 siano aumentate le persone infettate senza esser diagnosticate: una persona su otto in Europa vive con l’Hiv senza saperlo e in Italia il 63% scopre l’infezione quando questa è in fase avanzata. Sempre lo stesso rapporto individua nella pandemia e nei rallentamenti delle prestazioni sanitarie ulteriori cause del calo di diagnosi.
Le cure – Se alcuni trend possono preoccupare, la ricerca scientifica ha partorito alcune cure capaci di combattere la malattia. Tra queste la terapia long lasting permette di evitare l’assunzione quotidiana di molti farmaci, limitandosi a un’iniezione ogni due mesi che inibisce funzioni del virus Hiv. Nel frattempo, Moderna sta lavorando a un vaccino contro il virus, sfruttando la stessa tecnologia a m-Rna che ha utilizzato per i vaccini contro il Covid. Le sperimentazioni sono iniziate nel gennaio di quest’anno ed è da poco terminata la prima delle tre fasi.