In questi venti mesi non ha mai ritenuto di dover collaborare con la giustizia italiana. Il suo ruolo è stato solo quello di approvare la “ricerca partecipata” al Cairo di Giulio Regeni e di assecondare lo studente triestino nella scelta del suo supervisore egiziano. Secondo Maha Mahfouz Abdel Rahman, tutor del ricercatore all’università di Cambridge, il suo coinvolgimento nella vicenda finisce qui. La Procura di Roma, però, la pensa diversamente. Lo scorso 9 ottobre il pm Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco hanno chiesto di interrogare l’accademica e di acquisire i suoi tabulati telefonici, mobili e fissi, del periodo compreso tra il gennaio 2015 e il 28 febbraio 2016. A scriverlo è Repubblica, che ha visionato le dodici pagine dell’Ordine europeo di investigazione (le vecchie “rogatorie rafforzate”) trasmesso dai pm alla United Kingdom Central Autorithy, l’organo britannico giudiziario di collegamento con le magistrature dei paesi Ue. Obiettivo è fare chiarezza sulla rete di relazioni della Rahman e capire quanto queste abbiano contato nel rapimento e nell’uccisione del ricercatore triestino, avvenuta al Cairo il 25 gennaio 2016.

Maha Mahfouz Abdel Rahman – Se le indagini sono arenate, secondo la Procura romana, è anche per causa delle testimonianze lacunose e vaghe della professoressa di Cambridge. Dopo i funerali di Regeni, il 12 febbraio 2016, fu l’unica che si rifiutò di consegnare i suoi telefoni, computer e supporti informatici vari che potevano consentire di isolare spunti investigativi. Poi si negò alle domande in rogatoria del pm Colaiocco. Infine, quando fu tenuta a descrivere in cosa consistesse la ricerca di Regeni, nel giugno 2016, si limitò a mandare una e-mail alla Polizia del Cambridgeshire perché la trasmettesse ai pm italiani. «Giulio aveva identificato la professoressa Rabab Al Mahdi presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’American University al Cairo come supervisore con cui voleva lavorare – scriveva la tutor – Io la conoscevo e mi dissi d’accordo perché ritenevo la proposta di Giulio appropriata».

L’oggetto della ricerca – Due cose, però, la Rahman non disse. Non chiarì mai se l’oggetto originario della ricerca fosse genericamente il mondo dei sindacati o non quello, più delicato, dei “sindacati indipendenti”, motore della rivolta di piazza Tharir. Questo nonostante dalle indagini sia emerso che la tutor richiedesse richiedere ai propri studenti «interviste sul campo al Cairo per raccogliere materiale di analisi sui sindacati autonomi», come riportano Pignatone e Colaiocco. «In particolare emergono le figure di alcuni studenti dell’università di Cambridge inviati in Egitto per questo tipo di ricerca e allontanati dalle autorità egiziane», continua la rogatoria dei pm.

Il ruolo della docente egiziana – L’accademica non spiegò neanche che la docente egiziana a cui Regeni doveva fare riferimento non era una figura qualunque, ma “una grande attivista”. A definirla così è lo stesso ricercatore, in una chat con un amico recuperata dagli inquirenti dal computer del ragazzo. «Maha (la tutor di Cambridge, ndr) insisteva che lo fasesi mi – diceva Regeni, esprimendosi nel suo dialetto friulano – Ieri se semo trovai (con la tutor, ndr) per decider la struttura del mio report de fine anno e anche per discuter del nome del supervisor in Egitto… Ela me ga proposto Rabab El Mahdi che xe una politologa egiziana conosuda anche perché la xe una grande attivista… Mi go fatto il codardo e ghe go ditto che ero un po’ preoccupà del fatto che la ga molta visibilità in Egitto e no volesi esser tanto in primo piano… E la xe rimasta mal… La mega ditto: finirà che dovremo metterte con qualchidun che fa parte del Governo… Dopo sono tornà nel suo ufficio e ghe go ditto che me andava ben el suo nome ma no la sembrava troppo convinta…».

I punti da chiarire – In particolare sono cinque i punti che la Procura di Roma vuole verificare, continua Repubblica. «1) Chi ha scelto il tema specifico della ricerca di Giulio; 2) Chi ha scelto la tutor che in Egitto avrebbe seguito Giulio durante la sua ricerca al Cairo; 3) Chi ha scelto e con quale modalità di studio la “ricerca partecipata”; 4) Chi ha definito le domande da porre agli ambulanti intervistati da Giulio per la sua ricerca; 5) Se Giulio abbia consegnato alla professoressa Abdel Rahman l’esito della sua ricerca partecipata durante un incontro avvenuto al Cairo il 7 gennaio del 2016», sintetizza la Procura, citata da Repubblica.