Cazzuole, martelli e flessibili ma anche funi, imbrachi e moschettoni. Con la nascita dei grattacieli si è subito posto il quesito: come fare la manutenzione? Ecco che, nella seconda metà del secolo scorso, nel Nord America, nasce il rope access, un sistema di lavoro su edifici particolarmente complessi mediante ancoraggio agli edifici stessi e senza l’uso di ponteggi. Negli ultimi decenni questo metodo ha avuto grande diffusione anche in Italia. Ma che cosa si prova a stare sospesi nel vuoto a centinaia di metri di altezza? «È piacevole! È un lavoro fuori dal comune, interessante ed eccitante in qualsiasi giorno», racconta Fabio Fiorini, capocantiere di Fly Original, una delle aziende che lavorano in rope access. E aggiunge: «Mi piace stare appeso e avere quella sensazione di dover sempre stare molto attento a ciò che faccio. E a chi mi chiede di restare in ufficio, rispondo che preferisco stare in corda, in cantiere». Per Gianpaolo Apollonio, fondatore e AD della società, «il sistema di lavoro con operatori sospesi è in assoluto il più sicuro per lavorare in quota».

Funi e lavori – Sostituzione di vetri, pulizia di facciate, montaggio di apparati meccanici e ancora demolizioni, restauri e bonifiche. Sono molte le attività che possono essere svolte in rope access. Questa metodologia, affine per certi versi alla speleologia, può essere svolta in molti modi. L’operatore che deve, per esempio, rimuovere una lastra di vetro sostituendola con un’altra a 150 metri d’altezza, si lega solitamente ad almeno due ancoraggi posti al di sopra di lui mediante due funi: una di posizionamento e un’altra di sicurezza. Le funi di posizionamento sono statiche e rigide, non elastiche: in questo modo permettono all’operatore di non ballonzolare. Viceversa, le corde di sicurezza hanno il compito di assorbire l’energia di un’eventuale caduta del corpo di un operaio.

Un imbraco da rope access

Queste funi sono agganciate all’imbraco, diverso da quello in uso nell’alpinismo o in arrampicata. È uno strumento comodo, che permette all’operatore di muoversi con agilità. L’imbraco da rope access è fornito di un seggiolino, di grandi cosciali e di una pettorina che impedisce, in caso di cappottamento dell’operatore, la fuoriuscita del suo corpo dall’imbraco. Agganciati all’imbraco tramite moschettoni e cordini ci sono alcuni degli attrezzi del mestiere. L’operatore può così ora calarsi tramite il discensore, un dispositivo antipanico che regola la velocità di discesa. «La posizione raggiunta è quella comoda ed efficace perché il lavoratore può regolarla in alto o in basso e si trova con l’area di lavoro proprio di fronte a lui a differenza dei casi in cui c’è un ponteggio dove la postazione è fissa», dice Apollonio.

La sicurezza – Per avere un’idea della sicurezza del rope access bisogna considerare che il dispositivo più “debole” a cui l’operatore è agganciato è il punto di ancoraggio, simile agli spit nell’arrampicata. L’ancoraggio sostiene un peso 15 volte superiore a quello nominale (cioè il carico massimo specificato dal produttore). Gli altri sistemi arrivano a 30 volte. Un normale ascensore, per fare un confronto, può sopportare 3 volte e mezzo il carico nominale.

A questo punto, il lavoratore, che non è mai da solo per una questione di sicurezza, può sostituire una lastra da anche 700 chili grazie all’uso di pads o di elettroventose. La nuova grande lastra può essere portata sul posto, per esempio, da un sistema di binari agganciato all’edificio. L’operaio porta sotto di sé una fune della lunghezza che gli consente di raggiungere in pochissimo tempo un luogo sicuro dove gli si può prestare il primo soccorso in caso di malore. Al di sotto dell’operaio, inoltre, può trovarsi una grande rete per captare la caduta di oggetti.

Sostituzione di una lastra di vetro 
sulla torre Libeskind, Milano.

Che siano muratori, carpentieri, saldatori o imbianchini, per diventare operatori in quota (o in fune, che dir si voglia), si possono seguire dei corsi di formazione esterni o interni alle aziende per cui si lavora. Si affacciano a questo lavoro professionalità di tutti i tipi (poche le donne), che siano già operai ma senza competenze di rope access o che abbiano competenze di rope access ma non siano operai. I lavoratori si dividono in Italia in operatori generici e preposti. Solo i secondi possono “formare” un cantiere, cioè organizzarne tutti gli aspetti relativi alla sicurezza. Bassissimo è il tasso di infortuni.

Le normative – Il sistema di rope access è stato recepito e regolamentato in Italia dal decreto legislativo 235 dell’8 agosto 2003: “requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori”. Tutti i dispositivi di sicurezza devono confrontarsi con l’Irata (Industrial Rope Access Trade Association) e con enti tecnici italiani come le ATS o le ASL. A livello internazionale, l’ente di riferimento è l’Health and Safety inglese. Le attrezzature sono tutte omologate secondo la normativa UNI EN dell’Ente Italiano di Normazione.

L’Ad di Fly Original Gianpaolo Apollonio

Le difficoltà – Fiorini, operatore preposto, è uno dei 50 lavoratori in fune di Fly Original, e ha alle spalle cantieri su grattacieli italiani (Regione Piemonte, Libeskind e altri) ma anche esteri (a Macao e Istanbul). Le difficoltà del mestiere, racconta, sono tante: l’eccessivo caldo o freddo, la caduta di oggetti, il coordinamento con maestranze locali in altri Paesi o i lavori in ambiente confinato: «Ricordo quando rimossi dei canali dell’aria in un palazzo a San Babila. Mi calarono all’interno dei tubi e li tagliai dal loro interno. Dovetti ripetere l’operazione con tutti i canali: mi estraevano da uno e mi ricalavano nell’altro».

Il futuro – Che sia su cantieri da 800 euro o da un milione (i lavori in rope access non hanno i costi di affitto di ponteggi e piattaforme), la cultura del lavoro in quota tramite fune probabilmente si diffonderà. Per Apollonio, quello del rope access è «un intento etico», teso cioè alla maggiore efficienza e sicurezza possibile. «Stiamo introducendo istruzioni per i nostri sistemi di ancoraggio con la realtà aumentata mentre con l’intelligenza artificiale meccanizzeremo alcuni processi che si fanno ancora manualmente». Casco, funi e imbraco, quelli invece resteranno.