La foto segnaletica di Bartolomeo Gagliano, 55 anni, evaso dal carcere di Genova

La foto segnaletica di Bartolomeo Gagliano, 55 anni, evaso dal carcere di Genova

Tre omicidi, diverse rapine e aggressioni, il trattamento sanitario mentale e un permesso premio per uscire dal carcere. Bartolomeo Gagliano, serial killer di 55 anni, è uscito dalla porta principale del penitenziario di Marassi e non ci è più rientrato. Adesso è considerato un evaso, ricercato in tutta Italia, “pericoloso” secondo i pm. In molti si chiedono come “il mostro di San Valentino” abbia ottenuto quei tre giorni di permesso, nonostante la sua storia. Se lo chiede anche il ministro Cancellieri, furiosa, promettendo ispezioni. Il direttore del carcere, Salvatore Mazzeo, ha suscitato scalpore dicendo che nel suo istituto non c’era “il fascicolo sulle pene precedenti di Gagliano, rimasto a Reggio Emilia”. Dove l’evaso aveva scontato la pena per gli omicidi. Il carcere “lo riteneva soltanto un rapinatore” e questo ha sconcertato i più. Ma per Luigi Pagano, ex direttore di San Vittore e attualmente vice capo del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), non c’è nulla di così anomalo nei fatti di Genova.

Luigi Pagano, vice capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria

Luigi Pagano, vice capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria

“Il problema è che l’evaso – spiega Pagano – ha iniziato un’altra carcerazione nel 2006. Non stava scontando l’ergastolo, ma la pena di una rapina che avrebbe avuto fine tra un anno. Era già uscito due volte in permesso premio. Ho letto gli atti e posso dire che anche questa volta gli era stato concesso in maniera molto oculata. L’istruttoria, secondo me, è stata condotta a regola d’arte. Ed è un procedimento complesso, che tiene conto di molte cose: i gruppi di trattamento interni, il parere del direttore, la valutazione del magistrato di sorveglianza, qua c’era addirittura il cappellano…”.

Insomma in realtà non si può dire che il carcere di Genova non sapesse chi era Gagliano. “Conosco Mazzeo. Ho diretto anche io un carcere, e le sue frasi, dette in un momento difficile, forse non sono state corrette, ma non era quello che intendeva. L’istruttoria è stata fatta, c’è stata una valutazione ponderata per la concessione del permesso”.

Eppure riesce difficile pensare che un pluriomicida con problemi mentali possa essere lasciato libero di uscire dal penitenziario per un “permesso premio”. Invece rientra nella norma. “Lui aveva soltanto un altro anno di condanna da scontare. È chiaro – afferma Pagano – che venga valutata anche la situazione complessiva del passato, ma se si tenesse conto solo quella allora Vallanzasca, i brigatisti rossi, Vincenzo Andraous (killer tornato in libertà quest’anno, ndr) e tanti altri criminali non sarebbero mai usciti, come invece è stato. Certo, col senno di poi possiamo dire qualsiasi cosa, ma noi non lavoriamo così. Va tenuto conto dei precedenti, che però non sono tutto”.

Per Pagano non c’è motivo di ritenere che ci sia un problema strutturale o legislativo che rimette in libertà persone pericolose. “Su decine di migliaia di permessi concessi e di misure alternative ci possono essere casi che non vanno a buon fine: bisogna metterlo in conto. Ma il sistema – assicura Pagano – funziona. L’unico modo per valutare l’attività di trattamento che viene fatta in carcere è usare lo strumento della libertà, e non è stato fatto in maniera insensata, perché parliamo di un detenuto a cui mancava un anno e che si stava comportando bene. Bisognerebbe anzi ampliare ancora il ventaglio delle misure alternative, perché funzionano. Non possiamo gettare il bambino con l’acqua sporca”.

Francesco Giambertone