Facebook

Il caso del profilo falso usato a scopo criminale (Ansa)

Aprire su Facebook il profilo falso di una tredicenne. Inventare che la ragazzina esista e che sia la propria figlia. Obiettivo: il ricatto.

È successo in provincia di Varese, dove marito e moglie hanno finto di avere una figlia minorenne che si incontrava in Rete con un adulto. Poco dopo, la richiesta – 30.000 euro o l’accusa di pedofilia sarebbe saltata fuori – e l’arresto in flagrante a seguito della denuncia dell’uomo.

Vittima dell’estorsione è un impiegato di 40 anni, separato. A dicembre – ricostruiscono i carabinieri – conosce una persona su Facebook, una donna, così almeno crede. I due iniziano a chattare e a scambiarsi sms, anche molto intimi. Fino a quando l’uomo riceve una telefonata dal cellulare della presunta ragazzina. “Sono il padre, mia figlia ha solo 13 anni, adesso sei nei guai”, gli avrebbe detto lo sconosciuto. Di lì le minacce e la richiesta di 30.000 euro in cambio del silenzio.

All’inizio il quarantenne cede: ha paura di essere considerato un pedofilo e di perdere il lavoro. Ma all’ultimo appuntamento con la coppia di finti genitori (42 anni lui, 50 lei, entrambi disoccupati) per la consegna di 1.000 euro non si presenta da solo. Ad accompagnarlo ci sono i carabinieri di Arluno, nel Milanese, che arrestano la coppia per estorsione.

C’era anche quello della tredicenne tra gli 83 milioni di profili falsi (il 9 percento del totale) che circolano su Facebook secondo le stime dello stesso social network. A scopo pubblicitario, di solito. O criminale, come nel caso della coppia lombarda.

Giuliana Gambuzza