Nuovo capitolo nella vicenda Sole 24 Ore. Nell’ambito dell’inchiesta sull’aumento delle copie vendute del quotidiano della Confindustria, ritenuto fittizio dall’ipotesi di accusa, la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex presidente del gruppo editoriale ed ex numero uno della confederazione imprenditoriale Benito Benedini, per l’ex-amministratore delegato Donatella Treu e per l’ex direttore responsabile Roberto Napoletano, considerato dai magistrati «amministratore di fatto» e quindi imputabile. Per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, la richiesta di rinvio a giudizio riguarda anche la società Il Sole 24 Ore spa. Ora il giudice per l’udienza preliminare (Gup) dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla procura.
L’inchiesta – I reati contestati a Benedini, Treu e Napoletano sono quelli di false comunicazioni sociali e aggiotaggio informativo. L’inchiesta, condotta dal pm Gaetano Ruta e coordinata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, è stata chiusa lo scorso novembre e fa riferimento ai conti presentati dagli ex vertici tra il 2014 e il 2016. Secondo i magistrati, nei bilanci del 2015, in particolare, ci sarebbe stata una non corretta rappresentazione della situazione economica del gruppo. L’inchiesta è concentrata sui ricavi ottenuti dalla vendita delle copie digitali e cartacee e sui presunti rigonfiamenti allo scopo di manipolare il mercato di settore. Secondo la procura, Benedini, Treu e Napoletano realizzavano «una rappresentazione tesa sempre a sovrastimare i risultati di gestione del più significativo asset della società, in particolare i ricavi generati dalla vendita delle copie e la penetrazione sul mercato, anche minimizzando le perdite maturate attraverso la aggregazione di differenti aree di business». Il reato di false comunicazioni, inoltre, è contestato perché, secondo i giudici, i tre indagati «al fine di assicurare a se stessi e a terzi un ingiusto profitto esponevano fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società diffondevano notizie false concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo del titolo».

Benedini, Treu e Napoletano (Fonte: Il Soel 24 Ore)
Il giro delle copie – Secondo la ricostruzione presentata dai magistrati, i tre indagati «a partire dal resoconto intermedio di gestione al 31 marzo 2014 fino al resoconto intermedio di gestione al 31 marzo 2016, modificavano la rappresentazione in bilancio dei settori operativi della società, aggregando all’interno del settore denominato Editrice le aree Publishing & Digital (al cui interno era incluso il quotidiano, versione cartacea e digitale, i prodotti collaterali e periodici allegati, i nuovi prodotti digitali, il sito del quotidiano e i contenuti a pagamento), Tax & Legal, Radio, Agenzia e Pa. In tal modo – si legge nelle carte – veicolavano agli utilizzatori del bilancio le informazioni finanziarie dei diversi settori non più in forma separata, in tal modo impedendo di valutare la natura e gli effetti sul bilancio della società dei risultati di ciascun settore». Una copertura dei buchi di bilancio era garantita dai «risultati positivi di alcuni settori che finivano per compensare l’andamento negativo del settore operativo Publishing & Digital costituito in gran parte dal quotidiano Il Sole 24 Ore». I pm di Milano contestano anche agli indagati di aver «alterato la rappresentazione dei ricavi diffusionali del quotidiano attraverso il trasferimento al quotidiano digitale dei ricavi delle banche dati e la vendita simulata di abbonamenti al quotidiano digitale a favore di grandi clienti che finivano per essere privi di un effettivo corrispettivo» rappresentando «rappresentato falsamente come ricavi diffusionali quelli generati da rapporti contrattuali, nella realtà produttivi di perdite, con controparti i gruppi Johnson, Edifreepress e Di Source». Per quanto riguarda il reato di aggiotaggio informativo, la procura ha inserito nel capo di imputazione i comunicati del 18 marzo 2014 con le indicazioni sulla diffusione delle copie digitali del quotidiano, del 19 marzo 2015 sui ricavi consolidati del gruppo, e il comunicato del 16 marzo 2016 sui ricavi dell’intero 2015 della società
Le società terze – Altre sette persone sono state scagionate dalle accuse di appropriazione indebita. Sono i soci diretti o indiretti del gruppo o gli amministratori di fatto della società di diritto inglese Di Source ltd che, tra il 2013 e il 2016, si sarebbe dovuta occupare della promozione del quotidiano di proprietà di Confindustria e, in particolare, della sua versione digitale. Secondo la magistratura, invece, si trattava di operazioni inesistenti date le cifre dei flussi di carta sempre negativi per il gruppo editoriale, con un danno stimato di 2.9 milioni di euro. L’accusa di appropriazione indebita è caduta dopo che il gruppo ha comunicato di aver «accettato dalla società Di Source l’offerta risarcitoria di euro 2.961.079,90, esattamente corrispondente all’importo del danno patrimoniale come ipotizzato nell’ambito del procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Milano». Da qui la richiesta di archiviazione da parte della procura, accolta dal Gip.
Le proteste – La richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli ex vertici del gruppo si inserisce in un quadro di relazioni sindacali da tempo difficile e contribuisce al clima di incertezza in cui si trovano i lavoratori delle varie testate, in stato di crisi da alcuni anni. Pochi giorni fa, per la stessa vicenda giudiziaria la Consob, l’organo di controlllo sulle società quotate in Borsa, ha aperto una procedura per sanzioni amministrative, con multa per l’azienda di 140 mila euro e obbligo di rispondere in solido con i suoi ex vertici in caso di incapienza. In una nota sindacale diffusa dai comitati di redazione delle testate Sole 24 Ore, le accuse che pendono sugli ex vertici rendono «quanto mai urgente che l’azienda eserciti l’azione di responsabilità» nei confronti degli ex amministratori «a tutela degli interessi del gruppo e dei lavoratori». Altrimenti, spiegano i giornalisti, «il rischio è quello di dovere pagare una sanzione pecuniaria a causa della disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti».