Pubblichiamo l’articolo con cui Andrea Galliano, praticante dell’Ottavo biennio della scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha vinto il premio intitolato all’inviato del Corriere della Sera ucciso 40 anni fa in via Salaino, a Milano, dai terroristi di sinistra della Brigata XXVIII Marzo. Il premio viene assegnato ai tre migliori articoli di giovani praticanti delle tre scuole di giornalismo lombarde, il master della Statale (erede del nostro Ifg), il master dello Iulm e il master della Cattolica. Oltre a Galliano, hanno vinto Virginia Nesi dello Iulm e Pasquale Ancona del master Cattolica.
Questa la motivazione del riconoscimento a Galliano: “L’elaborato colpisce per l’originalità e per l’impegno di investigazione. Immagina oggi l’inviato Walter Tobagi, 73enne, lavorare sul campo in Cina, indagare, approfondire, trovare storie inedite per un’inchiesta sul coronavirus, “un samurai non invincibile”, come disse il giornalista del Corriere sul nemico dell’epoca, il terrorismo. Racconta poi particolari sulla vita che oggi conduce una protagonista dell’epoca, collegata alle inchieste giudiziarie sull’assassinio del giornalista il 28 maggio 1980. Lo stile è asciutto e costruito sui fatti. In conclusione, l’autore sottolinea come stelle polari del giornalismo d’inchiesta rigoroso siano tuttora coraggio e rispetto della deontologia”.

Mudanjiang. Nord est della Cina. Un odore acre infastidisce il 73enne Walter Tobagi. Sta osservando con stupore la vastità dell’allevamento intensivo. Più di centomila vacche che producono oltre 800 milioni di litri di latte all’anno. In uno spazio grande 50 volte gli stabilimenti europei. Nel frattempo, in quella stessa regione, centinaia di migliaia di cinesi sono bloccati a Suifenhe al confine con la Russia. La Cina pensava di essersi lasciata il coronavirus alle spalle e invece lì i contagi sono tornati ad aumentare. Tobagi era andato in pensione anni prima, ma appena è scoppiata l’epidemia si è messo a leggere, studiare e indagare.
La mega fattoria cinese dove è andato è stata creata nel 2016 in risposta all’embargo dell’Unione europea nei confronti della Russia. Lo sfruttamento intensivo degli animali fa sì che i virus possano evolversi rapidamente e passare più facilmente da una specie all’altra. Pipistrello, bovino, essere umano. Solo analizzando l’origine di questa pandemia, si può prevenire la prossima. L’obiettivo non sarà avere meno morti, ma non averne affatto. Perché i coronavirus non sono samurai invincibili.
Walter Tobagi amava le inchieste, ma non ha potuto scrivere quella sulle cause del coronavirus. Purtroppo la sua vita si è fermata a 33 anni. Per mano di Marco Barbone, terrorista appartenente alla “brigata XXVIII marzo”. Caterina Rosenzweig era la fidanzata dell’epoca dell’assassino e due anni prima aveva pedinato Tobagi, suo docente all’università. Apparteneva a una ricca famiglia della borghesia milanese: era figlia di Paola Sereni, per molti anni preside della scuola ebraica di Milano, e dell’uomo d’affari Gianni Rosenzweig. Viveva vicino alla sede del Corriere e nel suo appartamento si sono svolte alcune riunioni preparatorie dell’omicidio. Fu assolta per insufficienza di prove, mentre l’ex compagno fu condannato. «Dopo il processo si trasferirà in Brasile fino a far perdere le proprie tracce», si legge sulla pagina Wikipedia dedicata a Walter Tobagi. Aveva già vissuto in Brasile con i genitori fino al 1967, anno del trasferimento a Milano. E lì hanno vissuto fino alla morte i suoi zii, Alba Rosenzweig e Ottavio Pavia.
In realtà, Caterina Rosenzweig da almeno 30 anni vive a Milano. A due passi da piazza Gae Aulenti, quindi non lontano dalla sede del Corriere e dalla sua casa degli anni ’70 (in via Solferino 36). Ha sposato Diego, ingegnere, e ha avuto due figlie: Beatrice e Ilaria. Ha aderito a Comunione e Liberazione e ha scritto due libri, firmandoli con il cognome da sposata. Dall’estremismo politico è passata a quello religioso. Percorso simile fatto anche dal suo compagno degli anni ’70 che è stato responsabile della comunicazione per la Compagnia delle Opere. Si potrebbero aggiungere molti altri dettagli, ma dopo 40 anni Caterina Rosenzweig ha diritto all’oblio? Quali limiti incontra il giornalismo d’inchiesta? Temi con i quali ci si confronta di più oggi rispetto ad allora. Nel dubbio, si può dire che i personaggi dell’epoca non solo non erano samurai invincibili, ma non sono stati bravi nemmeno a far perdere le proprie tracce.
Molto è cambiato dai tempi di Tobagi, ma per un giornalismo rigoroso e di vera analisi dei fatti poche restano le stelle polari. Il coraggio e il rispetto della deontologia. Entrambe condizioni necessarie, ma non sufficienti. Il solo coraggio può portare ad abusi e illeciti, mentre la sua assenza lascia il giornalista e il lettore ad osservare le ombre della caverna di platoniana memoria senza cogliere il significato. L’uso sapiente di questi due elementi può fare la differenza.