Sono rimasti fuori dallo stabilimento, con i badge disattivati da lunedì sera. Gli operai dell’Ilva hanno però convinto anche gli impiegati ad uscire dagli uffici e unirsi a loro nel sit in organizzato martedì mattina davanti agli ingressi dell’acciaieria di Taranto.
L’azienda ha deciso di fermare gli impianti dell’area a freddo, in risposta all’attività della magistratura che proprio lunedì ha disposto sette arresti e sequestrato i prodotti finiti e semilavorati della fabbrica. «La chiusura dello stabilimento è inevitabile», ha annunciato l’azienda. Cinquemila lavoratori tremano all’idea di perdere il posto. Taranto torna a dividersi sul destino della sua azienda chiave.
“La città non si blocca. Qualsiasi iniziativa si vorrà intraprendere, nessuna azione sarà mirata a creare disagi alla cittadinanza che ha già pagato un prezzo altissimo”. E’ quanto ha chiesto il Comitato di Cittadini e lavoratori liberi e pensanti agli operai dell’Ilva.
Diversa, per ora, la situazione a Genova. Lo stabilimento ligure, senza i prodotti di quello pugliese su cui lavorare, rischia la sua stessa sorte. Quì, 1500 operai sono scesi in strada e si sono diretti verso la rampa dell’aeroporto.
Il ministro dell’Ambiente Clini ha commentato «Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità» e l’azienda: «non deve trovare l’opportunità per scappare». Secondo il ministro della Giustizia Severino «Quello dell’Ilva è un caso estremamente difficile e complesso, bisogna coniugare diritto al lavoro e diritto alla salute» ma in Italia «l’adeguamento alle normative ambientali è assolutamente da fare».
Il caso rischia di diventare ancor più politico per un’intercettazione che coinvolge il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola: «State tranquilli, non è che mi sono scordato!!… Il presidente non si è defilato». Questo, in una telefonata del luglio 2010, Vendola avrebbe detto a Girolamo Archinà, ex capo delle relazioni istituzionali dell’azienda. Secondo il il Gip di Taranto, “Vendola fece pressioni per sostituire il direttore generale dell’Arpa”, Giorgio Assennato, che aveva firmato un rapporto sulle emissioni inquinanti dell’Ilva.
Maria Chiara Furlò