Un’emergenza che ormai non può più attendere. Dopo il maxi sequestro dei beni della società Riva Fire, la questione Ilva arriva d’urgenza a palazzo Chigi. Governo e azienda cercano di fare il punto su una vicenda che dalla scorsa estate spacca il Paese tra diritto al lavoro e diritto alla salute. La mattina del 28 maggio, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha incontrato a piazza Colonna il presidente Bruno Ferrante e l’amministratore delegato Enrico Bondi, entrambi dimissionari. Presenti alla riunione anche i ministri dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, dell’Ambiente Andrea Orlando, dell’Interno Angelino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi e allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti.

L’incontro fa seguito alle dimissioni, annunciate lo scorso 25 maggio, dell’intero cda dell’Ilva. Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno deciso di lasciare il consiglio d’amministrazione dell’azienda dopo la decisione del gip di Taranto Patrizia Todisco di sequestrare 8,1 miliardi di euro del tesoro della società Rive Fire: quanto necessario per abbattere l’impatto ambientale della fabbrica. La confisca colpisce i soli beni della società e non quelli dell’Ilva, ma – secondo i suoi rappresentanti – ha sull’impresa effetti oggettivamente negativi.

Il gruppo di Taranto, nel frattempo, ha annunciato ricorso, sottolineando il rischio che si corre: 40mila posti di lavoro, indotto incluso. Un pericolo che preoccupa anche il premier Enrico Letta. Palazzo Chigi ritiene decisivo evitare la chiusura dell’impianto e garantire la continuità produttiva. «L’obiettivo chiave del governo», ha spiegato Claudio De Vincenti, «è assicurare che l’impresa faccia gli investimenti necessari per il rilascio dell’AIA, l’Autorizzazione Integrata Ambientale». Il via libera permetterebbe la realizzazione di una struttura compatibile con il rispetto dell’ambiente e conforme ai principi dell’Unione europea.

La situazione, al momento, è più che mai delicata. Una soluzione potrebbe essere la nazionalizzazione della fabbrica, un’ipotesi sostenuta dal segretario della Fiom Maurizio Landini e da Francesco Boccia, presidente della Commissione bilancio alla Camera. Nel frattempo si attende un giorno forse decisivo: il 12 giugno, quando la Commissione Europea varerà il Piano dell’acciaio. Il patto dovrebbe prevedere un prestito di 3 miliardi di euro: risorse decisive per l’attuazione dell’Aia.

Giulia Carrarini