La Jolly Nero che viaggia oltre i limiti consentiti, un equipaggio che fa scelte azzardate, troppe avarie per poter salpare. E l’omesso segnale d’allarme. Sull’incidente al porto di Genova, costato la vita a 9 persone, la Procura arriva a una sequenza diversa dei fatti. Un’accusa scritta nero su bianco dal pm Walter Cotugno, che compare nell’invito a comparire agli indagati per omicidio colposo plurimo.

“Nessuna segnalazione di emergenza” sarebbe arrivata dalla nave. E l’avvertimento via radio avrebbe forse consentito al personale della Torre di mettersi in salvo. Nell’ipotesi dell’accusa sarebbero quindi la negligenza e imperizia degli indagati, il comandante della nave Roberto Paoloni e il pilota Antonio Anfossi, ad aver provocato l’impatto della nave mercantile contro il Molo Giano, il 7 maggio scorso.

Dalla ricostruzione dei periti emerge un cargo alla velocità di 6 nodi, il doppio di quella tollerata. Dubbi che nascono dalla distanza tra l’inizio della manovra e l’urto del portacontainer della compagnia Messina, impossibile da percorrere nei tempi della ricostruzione degli indagati.

Nell’invito a comparire del pm, inviato anche al primo ufficiale Lorenzo Repetto, il terzo ufficiale Cristina Vaccaro e il presidente del Cda della compagnia, Andrea Gais, l’accusa “per aver impostato una manovra con una nave dotata di una sola elica e quindi con scarse capacità di manovra a marcia indietro e dotata di un solo propulsore di vecchia concezione, malgrado fosse del tutto prevedibile la possibilità di una avaria al motore”.

Il comandante e il pilota, consapevoli dei rischi, non avrebbero richiesto l’assistenza dei rimorchiatori, che potevano garantire l’evoluzione della nave in tutta sicurezza. Una tragedia che, insomma, si sarebbe potuta evitare.

Silvia Ricciardi