Il fantasma svedese è tornato a turbare i giorni da prigioniero di Julian Assange. La procuratrice di Uppsala Eva-Marie Persson intende chiedere l’estradizione dalla Gran Bretagna del fondatore di WikiLeaks in base alle accuse di stupro e molestie sessuali risalenti al 2010. Una nuova imputazione che si aggiunge a quella avanzata dagli Stati Uniti che vogliono processare il fondatore di WikiLeaks per pirateria informatica finalizzata allo spionaggio.

L’inchiesta svedese –  Il 18 novembre 2010 il tribunale di Stoccolma aveva emanato un mandato di arresto in contumacia contro Assange per sospetti di stupro, molestie e coercizione illegale. Due donne avevano testimoniato che Assange si era reso colpevole di «rapporti non protetti seppur consenzienti», ossia si era rifiutato di usare il preservativo durante il rapporto sessuale. Questa in Svezia è ritenuta una condotta criminosa. Il mandato di arresto europeo all’epoca venne recepito dall’Interpol e dal sistema di Informazione Schengen e Assange, dopo essersi presentato autonomamente dalla polizia britannica, fu arrestato. L’inchiesta era stata sospesa nel maggio del 2017 dato che la Svezia non aveva proseguito le indagini. Dopo la revoca nell’aprile del 2019 dell’asilo politico concesso ad Assange dall’Ecuador, alla Corte di Uppsala, la procuratrice Persson si è detta di nuovo decisa a far valere le motivazioni di estradizione in Svezia. Per portare Assange di fronte a un tribunale svedese, il 20 maggio Persson ha riaperto il caso delle violenze sessuali e chiesto un «mandato di arresto europeo».

Dov’è ora Assange?- Oggi il giornalista australiano si trova ancora in carcere in Gran Bretagna, dopo che l’ambasciata dell’Ecuador ha deciso di privarlo dell’asilo politico, concessogli sette anni fa. Nel 2012 Assange si era rifugiato nell’ambasciata sudamericana proprio per scampare all’estradizione in Svezia, dove si sarebbe dovuto sottoporre agli interrogatori per le accuse di stupro. Ma non era solo la Svezia a volerlo. Assange doveva difendersi anche dalla richiesta di estradizione negli Stati Uniti. Il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, concedendo al giornalista la protezione diplomatica, ha intralciato le richieste degli USA. Una mossa forse dettata dal fatto che la politica estera di Correa era da sempre apertamente in conflitto con quella degli Stati Uniti, fino a portare l’Ecuador ad avvicinarsi all’Iran. Con l’elezione del nuovo presidente Lenin Moreno, nel maggio 2017, le tensioni si sono allentate e li Paese sudamericano ha cacciato Assage dall’ambasciata londinese, meritandosi per questo l’appellativo di  «corrotto» da parte del suo predecessore.

Le accuse americane – Gli Stati Uniti vorrebbero processare Assange in rapporto al caso di spionaggio e hackeraggio in cui è stato indagato insieme all’ex militare americano transgender, Chelsea Elizabeth Manning. Manning aveva scontato sette anni per reati contro la sicurezza nazionale, compresi quelli relativi alla cessione a WikiLeaks di documenti riservati. Proprio per essersi rifiutata di testimoniare nuovamente sul caso della fuga di notizie, dopo essere stata scarcerata nel 2017, tornerà in carcere. Il padre della piattaforma di notizie trafugate quindi, allo scadere dei 50 giorni di reclusione in Gran Bretagna, potrebbe essere estradato negli Usa per presunta «pirateria informatica» oppure in Svezia per violenza sessuale. Assange in video davanti alla Corte inglese ha detto: «Io non intendo consegnarmi all’estradizione per aver fatto attività di giornalismo grazie alla quale sono stati vinti molti premi e sono state protette molte persone»