La nave Louise Michel attraccata al porto di Lampedusa (Fonte: Ansa / Concetta Rizzo)

«Le ultime morti in mare non sono un incidente, né una tragedia: sono volute». L’equipaggio della nave Louise Michel, finanziata dall’artista Banksy, punta il dito contro la Guardia costiera italiana. Da sabato in stato di fermo nel porto di Lampedusa, la nave non può riprendere le operazioni di soccorso nel Mediterraneo, dove secondo dati non confermati, ci sarebbero state circa 100 vitiime negli ultimi due giorni. Quanto agli sbarchi, la marina italiana parla di 3.300 migranti in 48 ore da 58 imbarcazioni differenti. Eppure, dicono ancora silla Louise Michel, «ci impediscono di riparire e tornare a prestare soccorso».
Dalla Guardia costiera arriva il contrattacco: in un comunicato stampa ha accusato l’imbarcazione di avere ignorato l’ordine di rientrare al porto di Trapani dopo il primo salvataggio, restando in mare per soccorrere altre tre barche piene di migranti.

Nel comunicato si accusa la Louise Michel di complicare «il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi» e che a questo «si sommavano le continue chiamate dei mezzi aerei Ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni».
Non ha perso tempo Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, che incolpato le Ong di ostacolare i soccorsi: «Se le Ong complicano il lavoro dei nostri marinai, sicuramente il problema si pone».
La reazione di Antonio Tajani, ministro degli Esteri, è meno dura. «Lo Stato sta facendo tutto quello che è in suo potere, non c’è niente di preconcetto contro le Ong. Ci sono delle leggi, e un lavoro incessante di tutti».
Dalla destra però arrivano anche timide aperture. Francesco Rocca, alla guida della Regione Lazio e presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, in un tweet ha detto che «salvare vite è un imperativo umanitario e un obbligo legale». Intervistato da La Stampa, ha poi aggiunto che «Se il soccorso è necessario gli operatori umanitari devono intervenire. Ma è importante che siano autorizzati».

I libici sparano (in aria) – La Ocean Viking era nella zona Search and rescue (Sar, ricerca e recupero) libica per un’operazione di salvataggio, quando la Guardia costiera del paese nordafricano ha aperto fuoco per intimidire l’equipaggio. Nel video pubblicato dalla stessa Ong si vede la richiesta di cessare il fuoco: «ci stiamo allontanando dall’area, non sparate». Ma l’imbarcazione libica ha continuato a sparare e a seguire la nave della Sos Mediterranee.

La Ong ha sporto denuncia alle autorità italiane, ma il fatto è avvenuto nella Sar libica e per questo avrebbe dovuto essere rivolta «al Paese di bandiera come previsto dalle norme sulla sicurezza della navigazione», si legge nel comunicato della Guardia costiera italiana. Anche questo episodio avrebbe contribuito a sovraccaricare il sistema di comunicazioni per coordinare i soccorsi.
Secondo quanto riportato dalla Ong Sea Watch, che avrebbe segnalato quanto stava accadendo alla Ocean Viking, l’addetta italiana al telefono per le segnalazioni al coordinamento marittimo si sarebbe limitata a ringrazie e chiudxere il collegamento.
Polemiche a parte, nella notte il 27 e il 28 marzo, a Roccella Ionica senza l’aiuto di nessuno sono sbarcati in 650, trasportati a bordo di un peschereccio di 30 metri. Provengono da Siria, Pakistan, Egitto e Bangladesh e si sono imbarcati in Libia, affrontando un viaggio di circa cinque giorni prima di arrivare in Calabria. Si tratta dell’ultimo di una lunga serie si sbarchi a Roccella Ionica, dove in pochi giorni sono arrivati in 1500.
L’aumento del numero di arrivi non è solo apparente. Il report settimanale del Viminale lo conferma: a marzo del 2023 il numero degli sbarchi è quattro volte maggiore rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.