Anna e Marco sono quello che si direbbe una felice coppia di quarantenni. Un matrimonio in abito bianco, carriera in banca per lui, impiego in azienda per lei. Anna e Marco non hanno problemi economici, ma c’è un’altra preoccupazione che turba l’atmosfera della loro casa: quel figlio tanto voluto che però fatica ad arrivare. Come succede ad una coppia su sette nel nostro Paese. La soluzione potrebbe essere la fecondazione assistita, ma in Italia è stata bandita dalla legge 40 del 2004. Succede così che mentre si infiamma lo scontro tra le ragioni della politica e quelle della religione, tra chi difende i diritti del nascituro e chi quelli dei genitori, sempre più coppie decidano di andare all’estero. Come Anna e Marco, appunto. In attesa delle prossime pronunce dei Tribunali.

L’ITER DEL DIBATTITO LEGISLATIVO Il prossimo 8 aprile la Consulta del Senato sarà nuovamente chiamata a pronunciarsi sul divieto di fecondazione eterologa, sulla possibilità di effettuare diagnosi preimpianto e sul divieto assoluto “di compiere qualsiasi ricerca clinica o sperimentale sull’embrione che non risulti finalizzata a tutela dello stesso”. La Corte Costituzionale potrebbe quindi arrivare a consentire alle coppie di ricorrere ad un donatore esterno. E’ questo, da dieci anni, il punto centrale della polemica: l’articolo 4 esclude, infatti, l’uso di un seme o di un ovocita al di fuori della coppia.
Una norma contro la quale negli anni sono aumentati i ricorsi.

I primi risalgono al marzo del 2010: da Bologna a Milano, da Firenze a Catania e Salerno, molte coppie hanno chiesto, col sostegno delle associazioni, l’accesso alla tecnica, rivendicando la possibilità di decidere del proprio futuro. In loro aiuto, una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che nel 2010 aveva sanzionato l’Austria per l’analogo divieto di donazione dei gameti. Si cercava così di utilizzare “lo strumento europeo” per tutelare i diritti attraverso il richiamo dell’articolo 117 della Costituzione che obbliga l’Italia a conformarsi ai trattati internazionali. Il 29 marzo 2013 il Tribunale di Milano ha risollevato la questione di legittimità chiedendo l’abrogazione del divieto. Si è ritenuto, infatti, che la Legge 40 fosse in contrasto con l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: “Ogni cittadino – recita – ha non solo il diritto di avere o meno un figlio ma anche quello di concepirlo mediante l’utilizzo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (pma)”.

SCONTRO DI DIRITTI TRA NASCITURO E GENITORI – Il dibattito sulla fecondazione si è sviluppato su due versanti: il diritto della coppia di avere un figlio e quello degli embrioni a vivere.
Nel primo caso si è fatto prevalere il principio di “autonomia”, nel secondo quello di “non maleficenza, che esprime l’obbligo di non arrecare danno al paziente”, sintetizzano dall’Associazione Luca Coscioni, tra le più attive in questa battaglia. In sostanza, chi è contro l’ampliamento del ricorso alla fecondazione considera l’embrione una “persona, sin dal concepimento”. Due posizioni distanti, che hanno fatto bloccare il dibattito su un binario morto.

Una questione, quella della fecondazione, resa ancor più complessa dalla difficoltà di conciliare le posizioni della scienza, che considera imprescindibile l’uso degli embrioni per la ricerca su malattie gravi come sclerosi multipla, Parkinson,  Alzheimer, oltre che a evitare gravidanze con feti affetti, con quelle di chi si richiama ai dettami del Vaticano. Come i movimenti pro-life.
“Vogliamo incalzare le istituzioni Ue per impedire il finanziamento di politiche filo-abortiste e contrarie al rispetto della vita, al fine di creare una protezione giuridica della dignità, del diritto e dell’integrità di ogni essere umano fin dal suo concepimento. Occorre creare una sensibilizzazione all’interno dell’Europa dove, non di rado, il diritto alla vita viene violato”, afferma Filippo Vari, costituzionalista dell’Università europea di Roma e sostenitore dell’iniziativa “Uno di Noi”.

“E’ deprimente constatare che la battaglia continua lasciando i partecipanti ignari degli enormi progressi che la ricerca ha fatto. Sembra che sia accaduto su Marte e che ci si accalori, purtroppo da entrambi i lati, su una battaglia ideologica e di retroguardia, che un minimo di buon senso renderebbe inutile”, controbatte Giulio Cossu, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni.
Se non si consente la ricerca sugli embrioni, “prosegue il processo di censura politica da anni in corso. Già quella nel campo delle biotecnologie vegetali, che non si fa più in Europa, vede il continente tagliato fuori dalle ricadute economiche realizzabili in questo settore innovativo. Lo stesso accadrà per la ricerca di frontiera nel campo della medicina rigenerativa”, sostiene Gilberto Corbellini, consigliere generale dell’Associazione.

In mancanza di una posizione unanime, quello che si va affermando negli ultimi documenti europei di bioetica è il cosiddetto principio di “bilanciamento degli interessi” tra il concepito e la salute della donna. Aprendo le porte in alcuni casi anche alla ricerca per la cura di malattie di cui può beneficiare l’umanità. In Italia, però, il dibattito è ancora allo stato “embrionale”.

Silvia Morosi