«Ho visto Yara Gambirasio salire su una station wagon grigia. Alla guida c’era un uomo con gli occhi chiarissimi che mi fissava». Sono passati cinque anni esatti dal ritrovamento del cadavere della ragazzina di Brembate ma Alma Azzolin, super-testimone al processo di Bergamo, non ha dubbi: quell’uomo era Massimo Bossetti. I fatti si riferiscono all’estate del 2010: la donna stava aspettando che la figlia terminasse gli allenamenti di ciclismo e aveva parcheggiato vicino alla palestra dove si allenava anche Yara. È lì che ha visto quella ragazza «maglietta color salmone e i capelli mossi» raggiungere l’auto di fianco alla sua, quella dell’uomo con «gli occhi talmente chiari da sembrare bianchi». «Vede quell’uomo in quest’aula?», gli ha chiesto allora l’avvocato Pelillo che assiste Maura Panarese, madre della vittima. «È il signor Bossetti», ha risposto sicura la Azzolin, che sostiene di averlo riconosciuto in tv al momento dell’arresto, nel giugno del 2014.
Rispondendo alle domande della difesa, la donna ha aggiunto ulteriori particolari: «mi è passata accanto un attimo e in quel frangente ho intravisto che portava l’apparecchio ai denti», precisa. «Era Yara quella ragazzina?», domanda l’avvocato Camporini. «Per me, sì». I dubbi sull’autenticità della deposizione però rimangono: la Azzolin assicura che ci fosse bel tempo il giorno dell’incontro ma – controbatte la difesa – poiché la donna accompagnava la figlia agli allenamenti il martedì e il giovedì intorno a mezzogiorno e dal momento che colloca l’episodio tra metà agosto e l’inizio dell’anno scolastico «l’unica data che può essere presa in considerazione è quella del 9 settembre 2010». E quel giorno – conferma il meteo – pioveva.
Ma Alma Azzolin non è stata l’unica testimone a essere sentita mercoledì 24 febbraio. Al Tribunale di Bergamo si sono presentati anche la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, e uno dei fratelli dell’imputato, Fabio. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ha parlato invece la moglie, Marita Comi. La 41enne, che dal carpentiere di Mapello ha avuto tre figli, ha risposto alle domande della pm Letizia Ruggeri sulla cronologia delle ricerche in rete effettuate dal computer di casa. «Ero quasi sempre io a farle – ha detto – da sola o insieme a Massimo». E nessuno dei due, in ogni caso, ha mai digitato la parola “tredicenne”, come sostenuto dall’accusa. «Basta, è intollerabile!», ha sbottato a quel punto Bossetti dal banco dagli imputati, stanco delle insistenti domande rivolte alla moglie.
Domande che hanno riguardato anche le conversazioni intercettate tra marito e moglie. L’avvocato Andrea Pezzotta, che assiste il padre e la sorella di Yara, ha chiesto conto alla Comi di alcune frasi equivoche: «Come fai a non ricordarti che cosa hai fatto quella sera lì? Mio fratello se lo ricorda, perché tu no?», lo incalza durante uno degli incontri in carcere. Non solo: da altre conversazioni intercettate emerge che la donna nutriva dubbi sul marito anche prima dell’arresto. «Uscivano notizie date per certe – si è difesa – e io volevo sapere la verità da lui. Sono certa che sarebbe crollato, se fossero state vere: lo conosco».
Emiliano Mariotti