Il dondolio dello scafo culla la bara coperta di fiori bianchi. Dentro riposa Valeria Solesin, la 28enne veneziana uccisa al teatro Bataclan di Parigi durante gli attentati di venerdì 13 novembre. Un corteo di gondolieri la scorta lungo il Canal Grande da Ca’ Farsetti, la sede del Comune di Venezia dove è stata allestita la camera ardente, fino a piazza San Marco. Qui si svolgono i funerali della borsista della Sorbona, con rito civile e al cospetto dei rappresentanti delle religioni musulmana, ebraica e cattolica. È martedì 24 novembre 2015: un onore del genere fu riservato un secolo e mezzo fa solo al patriota Daniele Manin, presidente della repubblica di San Marco costretto all’esilio a Parigi. L’Inno di Mameli e la Marsigliese celebrano l’arrivo della salma della giovane, mentre per undici volte si odono i rintocchi delle campane della Basilica di San Marco.
La piazza è affollata da migliaia di persone, tra cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il sindaco Luigi Brugnaro e Gino Strada, fondatore di Emergency, associazione di cui Valeria era stata volontaria. Ma soprattutto hanno voluto esserci anche il patriarca Francesco Moraglia, il rabbino capo Scialom Bahbout, l’imam Hamad Al Mohamad e il presidente della comunità islamica Mohamed Amin Al Ahdab. «Valeria non è stata uccisa in nome del nostro Dio», affermano Al Mohamad e Al Ahdab. «Il terrorismo nel nome dell’Islam è un crimine nei confronti dell’umanità e va sconfitto».
Nemmeno questa limpida mattina di lutto è esente dal timore di attentati. Gli artificieri con l’ausilio di cani antiesplosivo controllano la zona, uomini di polizia e carabinieri spuntano dai tetti dei palazzi dell’area Marciana. Ma l’attenzione della piazza è tutta per quel feretro di legno chiaro. Impossibile non notare il grande striscione bianco con la scritta “Ciao Valeria, figlia nostra, angelo nel cielo”.
Per tutta la durata delle esequie parlano amici, famigliari, esponenti politici e religiosi. «A nome della Francia voglio solennemente dire che non dimenticheremo Valeria, venuta da noi a studiare per amore della vita e della cultura e che ha trovato la morte sotto il fuoco dei terroristi», recita il ministro della Difesa Roberta Pinotti mentre legge il messaggio del presidente francese François Hollande. «Qualcuno ci ha detto in questi giorni che la nostra famiglia ha rappresentato un esempio di compostezza e dignità quasi che noi potessimo significare un esempio per molti», dice il padre di Valeria Alberto Solesin, con vicina la moglie Luciana. «Se è appena lontanamente vero, dico che era dovuto e dedicato a tutte le Valerie e Andrea (Ravagnani, il fidanzato di Valeria, anche lui al Bataclan il 13 novembre, ndr) che lavorano, studiano, soffrono e non si arrendono».
Dopo oltre un’ora la cerimonia si conclude con l’inno europeo. Valeria inizia così il suo viaggio verso il cimitero dell’isola di San Michele per venire seppellita accanto al nonno. A salutarla ci sono solamente amici e famigliari. Ma l’intera Venezia ha reso omaggio alla ragazza proprio come a una figlia: per realizzare il funerale gondolieri, fiorai e agenzie di pompe funebri hanno offerto il servizio a titolo gratuito. E presto la città intitolerà a Valeria un ponte, simbolo di unione e pace.
Andrea F. de Cesco