Confini di burro a nord, per un’Europa senza barriere. Confini d’acqua a sud, scudo naturale a un’Italia che si fa ponte per la terra promessa. A gennaio le statistiche degli sbarchi sono schizzati alle stelle. E ancora, altri barconi ricolmi di speranza hanno raggiunto Lampedusa il 5 febbraio. Il drenaggio di uomini in fuga dalle coste africane questa volta è stata una spedizione dei mille. Tutti recuperati dai soccorritori nel “mare nostrum”. È andata bene, la ruota gira, ma sono ancora indelebili le immagini dell’ottobre scorso, quando a guardare sgomenti le bare in fila arrivarono il presidente del Consiglio Enrico Letta, il vice-premier Alfano, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e la commissaria Ue agli Affari Interni Cecilia Malmström.
I flussi continuano, e il risvolto della medaglia sono le bocche cucite di chi viene per trovare pace, inseguire un sogno, e si ritrova in un Cie per essere rimpatriato, sottoposto magari al trattamento anti-scabbia che ha segnato un’altra parentesi raccapricciante per l’Italia, lo scorso dicembre. Eppure anche quelle immagini che hanno tolto la dignità alla parola accoglienza non sono ancora sufficienti a fermare i migranti. I dati del ministero non lasciano dubbi. L’ondata di sbarchi imponente che ha segnato la seconda metà del 2013 continua.
Nei primi 30 giorni dell’anno sono arrivati sulle coste italiane 2.156 stranieri contro i 217 del gennaio precedente. Dieci volte tanto. Lo ha detto il viceministro Filippo Bubbico durante l’ultima audizione alla commissione migrazione del Consiglio d’Europa. «L’Italia è stata sottoposta nel 2013 ad un incessante e massiccio afflusso di migranti provenienti dai Paesi del nord Africa e del vicino Medio Oriente». Tra i 42.925 sbarcati, quasi 4 mila erano minori non accompagnati. In Sicilia sono giunti 37.886 migranti, dei quali 14.753 a Lampedusa. Le partenze sono soprattutto dalla Libia, dall’Egitto e dalla Turchia, ma il principale Paese da cui i migranti dichiarano di arrivare è la Siria. Solo nel 2013 11 mila hanno cercato rifugio dalla guerra civile che dilania il Medio Oriente da quasi 3 anni.
Degli oltre 40 mila sbarcati nel 2013, quelli soccorsi in mare sono stati 37.258, di cui 6.127 in 45 interventi nell’ambito di “Mare Nostrum”. Si tratta di un’operazione militare e umanitaria, che fa capo al ministro della Difesa Mario Mauro. Singolare, dato che l’immigrazione è una questione da Interni. L’obiettivo comunque sarebbe quello di “incrementare la sicurezza dei migranti e il controllo dei flussi usando mezzi aero-navali”. A disposizione un arsenale bellico: la nave anfibia, responsabile del comando in mare dell’intero dispositivo, due Fregate e due Pattugliatori, due elicotteri EH101 della Marina Militare, un velivolo tipo P180 per la visione notturna, una Unità navale per il supporto logistico, un Atlantic, velivolo di pattugliamento marittimo, e un Predator.
Alla reazione dello Stato si affianca però quella della società civile, che ha una connotazione decisamente più pacifica. In una tre giorni all’insegna dei diritti dei migranti, dal 31 gennaio al 2 febbraio studenti e ricercatori, giuristi e avvocati, giornalisti, attivisti ed esponenti dell’associazionismo si sono trovati a scrivere la Carta di Lampedusa. Un’idea dell’associazione Melting Pot Europa che propone nei confronti dell’immigrazione un approccio diverso, che parta “dal basso” e dai diritti umani. Dopo i 600 morti nei naufragi del 3 e 11 ottobre 2013, si propongono di instillare una cultura diversa nella cittadinanza, perché il Mediterraneo non sia di nuovo cimitero marino. Si parla di libertà di movimento per tutti, di diritto di scegliere dove vivere indipendentemente dal passaporto che si possiede, di chiudere tutti i centri di detenzione e abolire i programmi di controllo delle frontiere e delle persone, da Eurosur a Frontex, smilitarizzando i confini e “respingendo i respingimenti”.
È presto per dire se la parola “extracomunitario” scomparirà dal vocabolario. Di certo c’è che la ben più datata espressione “mare nostrum” è frutto di un plurale maiestatis.
Silvia Ricciardi