Moda e caporalato si rincontrano, stavolta nella Valentino Bags Lab di Rosate, nella provincia ovest di Milano. Il tribunale della città meneghina ha disposto l’amministrazione giudiziaria per la società che fa capo a Valentino spa, con l’accusa di omesso controllo sul caporalato in alcune fabbriche cinesi in cui si produce la merce. Nella richiesta il pubblico ministero Paolo Storari scrive che la Valentino Bags Lab avrebbe tratto benefici economici dall’attività di imprenditori cinesi che «sfruttano pesantemente il lavoro dei loro connazionali». L’azienda al momento non è indagata, ma i Carabinieri hanno scoperto l’esistenza di sette opifici cinesi clandestini e irregolari negli appalti del brand. Opifici in cui si è riscontrata una condizione generale di sfruttamento tra pagamenti esigui, orari di lavoro molto lunghi e norme di sicurezza non rispettate.
Lavorare per 1,60 euro all’ora è ancora possibile non solo negli opifici cinesi. Un supermercato di Biancavilla con 37 dipendenti, in provincia di Catania, è stato sequestrato dalla guardia di Finanza di Paternò. Il direttore commerciale e il rappresentante legale dell’attività sono ai domiciliari con le accuse di caporalato e autoriciclaggio. Secondo quanto emerso dall’inchiesta, i dipendenti avrebbero lavorato per 65 ore a settimana anziché per le 40 previste da contratto. Il tutto per una cifra intorno agli 800 euro al mese. Inoltre, a molti di loro non sono state concesse le ferie e già in fase di assunzione venivano informati delle condizioni di lavoro non conformi alle regole. Antony Barbagallo, segretario regionale del Pd siciliano, ha dichiarato: «È allarmante ciò che emerge dalle indagini: il mancato rispetto dei contratti collettivi nazionali o territoriali, la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, i periodi di riposo, la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro».