Nella Chiesa Madre di Sant’Alfio, l’intera comunità di Lentini si è stretta in cordoglio attorno alla famiglia di Agata Margaret Spada, la ragazza 22enne morta a Roma il 7 novembre in seguito ad un semplice intervento di chirurgia estetica al naso. È lunedì 18 novembre, e il funerale della giovane siracusana si celebra in una fitta nube di incognite, su cui la Procura di Roma sta ancora indagando. Il pm Erminio Amelio sta ricostruendo la vicenda, tassello dopo tassello.

L’indagine per omicidio colposo – I due indagati per la morte della giovane sono i chirurghi Marco e Marco Antonio Procopio, titolari dell’appartamento adibito ad ambulatorio in cui, il 4 novembre, Margaret si era recata per l’intervento estetico con il fidanzato. Su Marco Procopio, il padre, già da tempo pendeva il sospetto che si spingesse assai più in là di quello che — legalmente e in sicurezza — avrebbe potuto fare chirurgicamente: nel 2008 la Regione aveva infatti aperto delle indagini, che poi si sono concluse in un nulla di fatto. «Da una prima analisi, non ci risulta un’autorizzazione sanitaria valida per gli interventi di chirurgia, anche piccoli, in quello studio medico», ha recentemente rivelato il presidente della Regione Lazio, Franco Rocca. I due chirurghi sono indagati per omicidio colposo, e il sospetto è che diversi interventi eseguiti nel centro estetico di via Cesare Pavese, all’Eur di Roma, fossero illegali. Il quadro che emerge dalle prime indagini, infatti, è caratterizzato da negligenza, approssimazione e criminosa impreparazione. Quale tipo di attività veniva svolta nell’ambulatorio, dietro la dicitura “medicina e chirurgia estetica”? Nella struttura si eseguivano solo ritocchi o venivano praticati veri e propri interventi chirurgici, per i quali l’ambulatorio non era abilitato? Queste sono alcune delle numerose domande a cui il pm sta cercando di dare risposta.

La ricostruzione dei fatti – Tutto inizia a luglio, quando Margaret Spada, dopo aver visto diverse pubblicità del centro chirurgico su TikTok, prende accordi con Marco Antonio Procopio. La conversazione è ora oggetto di indagine, ma emerge sin da subito la cifra pattuita: 2.800 euro per 20 minuti di intervento, un costo che fin da subito lascia pensare a qualcosa in più del semplice filling. Nel periodo precedente al giorno dell’operazione, a Margaret viene chiesto di mandare le proprie analisi del sangue e gli esiti dell’elettrocardiogramma via WhatsApp, altro aspetto che ora insospettisce gli inquirenti. La ragazza, in più, non aveva mai firmato alcun consenso informato. Il 4 novembre l’intervento, la puntura, i tremori, fino al malore, i tentativi di rianimazione dei Procopio, filmati per altro col cellulare dal fidanzato di Margaret. All’arrivo del 118, la ragazza viene trovata in fin di vita, poi la corsa al reparto di terapia intensiva dell’ospedale Sant’Eugenio, dove comincia la sua lunga agonia, durata tre giorni. Il 7 novembre, dopo la notizia del decesso e ottenuta dal gip la convalida del sequestro dei locali, i Nas dei carabinieri hanno subito effettuato un sopralluogo in via Cesare Pavese. Nell’ambulatorio non è stato trovato nessun libro contabile, nessun blocchetto delle ricevute, nessuna documentazione amministrativa che potesse testimoniare il tipo di attività che venivano svolte, e soprattutto nessuna cartella clinica, neanche quella di Margaret. Nei tre giorni intercorsi fra l’operazione e la morte, tuttavia, l’ambulatorio era rimasto aperto, e le prove potrebbero essere state inquinate. Il 15 novembre, quindi, l’autopsia, effettuata dal medico legale Filippo Milano, che ha accertato il «decesso per arresto cardiaco» in seguito ad «acuta sofferenza». Le ipotesi più accreditate sono che la ragazza abbia avuto uno choc anafilattico derivante da un’allergia all’anestetico, o che il malore sia stato causato da una dose eccessiva di farmaco vasocostrittore, o dell’anestetico stesso. La relazione dell’Asl redatta dai medici intervenuti con l’autoambulanza ricostruisce invece il percorso clinico-assistenziale nei momenti critici all’ambulatorio: Margaret Spada non sarebbe stata prontamente rianimata e la manovra che avrebbe potuto salvarle la vita non sarebbe stata eseguita correttamente, prima dell’intervento del 118.

I Procopio – Il dottor Marco Procopio, il padre, autocertifica di essersi laureato a Padova per poi abilitarsi a Verona, mentre con una nota a penna aggiunge di aver conseguito la specializzazione all’università Cattolica di Rio de Janeiro. In particolare, assicura che in quello studio si svolgono solo visite “pre-operatorie e controlli post-intervento”. Il figlio Marco Antonio, invece, nel 2011 partecipò all’esame di ammissione per entrare nella facoltà di Medicina dell’università Cattolica di Roma: prese 13,5 su 100, arrivando 6230esimo, in coda alla graduatoria. Poi la laurea in Romania. Anche questi sono aspetti opachi della vicenda, su cui la Procura sta indagando.

Le altre testimonianze – Sul caso sono intervenute le voci di ex-pazienti dell’ambulatorio: la giornalista Maria Rita Misuraca, nel 2023, si era sottoposta a un intervento simile a quello di Margaret, e dichiara di aver sofferto di tremori e tachicardia dopo l’anestesia. Inoltre, a seguito dell’operazione, non le era stato rilasciato alcun documento medico, oltre alla sola prescrizione di alcuni farmaci. Un’altra fonte, che preferisce rimanere anonima dietro alle iniziali, V. O., rivela che «le operazioni erano fatte tutte cash, in nero».

I prossimi sviluppi – La causa della morte di Margaret Spada potrebbe essere finalmente chiarita dagli esami tossicologici, i cui risultati saranno disponibili entro un mese, assieme a quelli delle analisi istologiche. Ma con delle complicazioni: i farmaci somministrati alla giovane durante i tre giorni di ricovero in terapia intensiva potrebbero aver reso irrintracciabile quello all’origine del probabile choc anafilattico.