Pratici sandali da turisti tedeschi o opere d’arte? Forse tutti e due. Le Birkenstock, gli intramontabili sandali dell’omonima azienda di Neustadt, potrebbero ottenere il riconoscimento legale come «opere d’arte applicata», sostiene Vanity Fair, dopo che il marchio ha avviato una causa legale contro tre aziende concorrenti che ne avrebbero copiato il design. La questione, arrivata all’ultimo grado di giudizio, riguarda i modelli Arizona (il classico sandalo con doppio cinturino), Boston Clog (quello coperto davanti), Gizeh (l’infradito) e Madrid (il modello con un solo cinturino). La sentenza della Corte federale di giustizia tedesca di Karlsruhe chiuderà un processo lungo più di un anno e stabilirà di fatto se le Birkenstock potranno essere protette dalle leggi locali sul copyright, vietandone l’imitazione.
La causa – A essere state citate in giudizio sono l’americana Shoes.com, la tedesca Tchibo e la danese Bestseller, accusate di copiare il design delle storiche calzature da passeggio made in Germany. La prima sentenza è del gennaio scorso, promulgata dalla Corte regionale di Colonia: questa accoglieva le istanze presentate da Birkenstock e riconosceva i quattro modelli come opere d’arte. La Corte regionale superiore, tuttavia, ha ribaltato la sentenza in appello sostenendo che non soddisfacessero il requisito di una «creazione artistica» originale e che l’artigiano che le ha create, Karl Birkenstock, lo ha fatto principalmente per motivi economici. I legali del marchio hanno contestato questa interpretazione perché ritengono che il tribunale di Colonia abbia usato un concetto di arte troppo restrittivo e in contrasto con quanto stabilito in precedenti sentenze sia della Corte tedesca che della Corte di giustizia europea. Spetta adesso alla Corte federale di giustizia, ultimo grado di giudizio, pronunciarsi sui diritti dell’azienda.

Foto: @birkenstockusa/x.com
Altri procedimenti – Per Birkenstock non è certo il primo giro di tribunali. Già nel 2017 l’Ufficio Tedesco dei brevetti e dei marchi aveva stabilito che la suola in sughero dei sandali non costituisse un elemento distintivo e che non potesse quindi essere protetta. All’appello dell’azienda si è opposto il Tribunale federale tedesco dei brevetti nel 2023, anche sulla scorta di altre sentenze nazionali ed europee che tra il 2017 e il 2023 hanno occupato i legali del colosso delle calzature: tra le tante ce n’è una del Tribunale di Milano che nel 2020 aveva dichiarato nullo il marchio di forma italiano registrato da Birkenstock nel 2015, chiudendo la battaglia contro le italiane Goldstar, Gallon, Biochic e Biomodex. Appena a fine novembre scorso, in Baviera, Birkenstock ha perso una causa contro la catena di supermercati Aldi, accusata di aver messo in vendita una copia dei sandali Arizona al costo di soli 10 Euro.
All’ultimo grido – Da anni il sandalo con la comoda suola in sughero sta vivendo una nuova gioventù nel mondo della moda, diventato un simbolo anche grazie alla comparsa nel film Barbie (2023) e a quell’asta del 2022 in cui il paio indossato da Steve Jobs fu venduto per 220 mila dollari. Dal 2021 l’azienda è di proprietà del colosso del lusso LVMH, proprietario di marchi di alta moda come Dior e Louis Vuoitton. Nel 2023, la Birkenstock Holdings Plc è sbarcata a Wall Street a un prezzo di 46 dollari per azione e, anche se il primo giorno di quotazione fu un flop, il peggiore debutto degli ultimi 10 anni per una matricola alla Borsa di New York, oggi il titolo ha recuperato lo sbarco turbolento. Sono stati venduti modelli disegnati da personaggi famosi e brand come Dior, Manolo Blahnik, Valentino, Celine e Givenchy le hanno reinventate utilizzando nuovi materiali e colori, ma mantenendo sempre la forma classica. Oggetto di uso quotidiano sì, ma più di un semplice sandalo.