Domenico Maurantonio (Ansa)

Domenico Maurantonio (Ansa)

Ripartono da WhatsApp le indagini sulla morte di Domenico Maurantonio, il ragazzo padovano morto il 10 maggio dopo essere precipitato dal quinto piano dell’hotel «Da Vinci» di Milano mentre era in gita scolastica per visitare l’Expo. Domenico ha usato il suo telefono tra le 5 e le 5.30, probabilmente per scrivere in chat. Poi lo studente sarebbe morto tra le 5 e le 7 del mattino. Per fare chiarezza su quanto accaduto gli investigatori hanno deciso – il 25 maggio – di sequestrare i cellulari dei compagni di classe.

Il pm Claudio Gittardi ha di nuovo convocato alcuni dei compagni di classe, quelli più legati al ragazzo e che hanno passato con lui le ultime ore prima della caduta, che sono stati ascoltati nel pomeriggio di venerdì 22 negli uffici della Squadra mobile di Milano. Nei loro racconti, messi a verbale nei giorni precedenti, ci sarebbero state una serie di incongruenze. Fonti vicine alle indagini riferiscono che le ultime testimonianze conterrebbero elementi utili, ma è dentro i cellulari e nei loro messaggi che potrebbero esserci le risposte su quello che è successo.

L’obiettivo è ricostruire i movimenti dei ragazzi minuto dopo minuto, nella notte del 10 maggio. E poi scoprire che ruolo abbiano avuto l’alcol o eventuali scherzi sfuggiti di mano. Da quanto emerso nell’autopsia, la quantità di alcol rilevata nel corpo di Domenico era limitata. Non abbastanza per giustificare la caduta. Ma va ancora capito se e quanto altro alcol fosse stato assorbito o espulso dal corpo del ragazzo, per definire esattamente quanto avesse bevuto. L’autopsia non ha mostrato invece nessuna traccia di lassativo, ma anche qui il dato non esclude che altre sostanze siano state somministrate a Domenico per gioco. Quello che è certo è che la caduta non è stata accidentale: non bastava solo perdere conoscenza per cadere da una finestra come quella, con un parapetto alto circa un metro e dieci.

La Questura di Milano ha deciso di delegare la squadra mobile di Padova per sentire gli studenti della 5F, l’altra classe che partecipava alla gita. I genitori di Domenico e i media continuano a sostenere che i compagni non possano non aver visto o perlomeno sentito qualcosa. «Qualsiasi ipotesi finisce con il dover immaginare la scena della morte di mio figlio. Ed è un dolore straziante», ha detto Bruno, il papà di Domenico, al «Mattino di Padova». «Ho smesso di farlo, altrimenti non riesco ad andare avanti. mi lascia esterrefatto che nessuno dica nulla», ha concluso il signor Maurantonio.

Federica Scutari