Una linea tracciata sulla firma di uno studente, per cancellare il nome diverso da quello riportato sui documenti. È questa la vicenda che si è svolta tra i banchi di scuola del liceo Cavour di Roma lo scorso 8 Novembre, quando un professore ha rifiutato il compito di uno studente trans.
Carriera Alias – Il docente ha rivolto all’alunno parole pesanti, che hanno subito portato all’intervento della vicepreside. «Davanti a me ho una donna e non posso riferirmi a te diversamente», si è giustificato l’insegnante poco dopo il fatto. Il giovane aveva già attivato mesi prima la carriera Alias, che permette a chi sta affrontando un percorso di trasformazione di genere di cambiare il proprio nome anagrafico. L’iniziativa è al momento presente solo all’interno di alcune scuole e università del territorio italiano ed era stata di recente approvata dal liceo romano. L’inserimento del nuovo appellativo su badge, indirizzi email e libretti punta a evitare il cosiddetto “misgendering” (ovvero l’utilizzo di termini propri del sesso biologico, in contrasto con l’identità di genere della persona).
Proteste – A nulla è valso però il “Regolamento dell’identità” di fronte alle dichiarazioni del professore. Elemento che ha scatenato la dura reazione della Rete degli Studenti Medi. L’organizzazione, accorsa in difesa del ragazzo trans, ha infatti denunciato l’accaduto al Gay Help Line. Un numero verde nazionale che da anni si occupa di fornire assistenza gratuita alle vittime di omofobia e transfobia. In giornata è arrivata anche la segnalazione al Ministero dell’Istruzione (Miur) per chiedere l’attuazione di provvedimenti disciplinari contro il docente. «Il ruolo dell’insegnante è quello di fare un passo in avanti verso chi ne ha bisogno e non due indietro» si legge in un comunicato diffuso dai rappresentanti degli studenti e dei genitori dell’istituto.
Precedenti – Un evento tutt’altro che isolato. Solo pochi mesi prima il liceo aveva infatti negato a un altro studente il riconoscimento della carriera Alias, gettando l’istituto al centro di un dibattito sociale importante. Avvenimenti che s’inseriscono all’interno di un trend cominciato già nel 2012, quando Andrea, allora 15enne, si suicidò in seguito alle offese dei compagni per la sua presunta omosessualità. Una tragedia che aveva visto tre degli insegnanti del giovane indagati per “omessa vigilanza”. Accuse risultate poi infondate.