Un’Italia meno popolata, più vecchia, ma anche più istruita, con un’età media di 43 anni e, come sempre, un tessuto urbano di piccole città: è questo lo scenario che restituisce il censimento permanente dell’Istat pubblicato il 15 dicembre, con i dati aggiornati al 31 dicembre 2021. La popolazione residente è in calo dello 0,3% rispetto al 2020, fermandosi a quota 59.030.133 unità. «La contrazione non è dovuta solo al saldo naturale negativo, ma anche alla diminuzione della popolazione straniera», spiega l’Istituto italiano di statistica, sottolineando il deficit di 141.178 stranieri censiti rispetto al 2020. Il decremento si rivela più contenuto nei comuni con popolazione inferiore ai 20mila abitanti, che continuano a rappresentare il 70% dei comuni italiani.

Invecchiamento sistematico – L’età media è in crescita, passando dai 43 anni del 2011 ai 46 anni del 2021. La Campania resta la regione più giovane (43,6 anni), mentre è la Liguria la regione più anziana (49,4 anni). Nel 2021 per ogni bambino si contavano 5,4 anziani: erano 3,8 appena dieci anni prima. Sull’arco di 50 anni l’invecchiamento è ancor più evidente: nel 1951 si contava meno di un anziano per ogni bambino. Si conferma inoltre la leggera prevalenza della popolazione femminile, che rappresenta il 51,2% del totale.

Istruzione in crescita – I dati del censimento 2021 illustrano anche un aumento del livello medio di istruzione nel Paese. La quota maggioritaria della popolazione (36,3%) è in possesso del diploma di scuola superiore. In dieci anni si è dimezzata la percentuale di analfabeti (dall’1,1% allo 0,5%) ed è cresciuta quella di laureati (dall’11,2% al 15%). Con il 19,1% il Lazio è la regione con più laureati. Anche i grandi comuni, in primis Milano e Bologna, si confermano un polo d’attrazione per i più istruiti. Le quote più elevate di titoli di studio bassi si rilevano invece al Sud.