Giuseppa “Giusy” Vitale torna in carcere. Passata alla storia come la prima donna boss di mafia e la prima a pentirsi, in realtà secondo i magistrati di Palermo ha continuato la sua attività criminale consigliando il nipote Michele Casarrubia e gestendo alcuni traffici di stupefacenti tra nord e sud Italia. Vitale è incappata nall’operazione “Gordio”, condotta dal comando provinciale dei Carabinieri di Palermo in collaborazione con la Dia, vede indagate 85 persone: di queste, nella mattinata del 5 luglio, 63 sono finite in carcere, 18 ai domiciliari e 4 con l’obbligo di dimora. Le indagini erano iniziate nel 2017 e si sono svolte tra le città di Palermo, Trapani, Latina, Napoli, Roma e Nuoro. Come ha scritto il giudice per le indagini preliminari, questi arresti arrivano in un momento delicato. Già da qualche settimana fra i gruppi criminali che si spartiscono il traffico di droga c’erano stati contrasti sfociati in numerose spedizioni «punitive» e atti incendiari. Tra le accuse il reato di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e reati in materia di armi, droga, estorsione e corruzione.

La regina della mafia – Sorella degli storici boss Vito e Leonardo, Giusy Vitale salì al trono del clan “Fardazza” (“toppa” in siciliano) dopo il loro arresto nell’aprile 1998. L’ascesa della sua famiglia era dovuta soprattutto all’alleanza con i corleonesi di Totò Riina. Fu regina della mafia palermitana per alcuni mesi prima di finire in carcere. Iniziò a collaborare con la giustizia nel 2005. Raccontò il suo percorso di pentimento in “Ero cosa loro”. Un’autobiografia pubblicata nel 2009 scritta a quattro mani con Camilla Costanzo, autrice figlia del giornalista Maurizio Costanzo. “L’amore di una madre può sconfiggere una madre” recita la copertina di un libro che in poco più di 160 pagine raccontava la storia di una donna che comprese troppo tardi cosa stesse facendo. Sarebbe stata l’innocente domanda fatta dal figlio di 6 anni «Mamma cos’è la mafia?» a farle aprire gli occhi sulla vera natura della sua famiglia. Da quel momento iniziò a collaborare con la giustizia in varie operazioni che hanno portato all’arresto di tutti i suoi parenti e allo smantellamento completo dell’organizzazione. A stravolgere la nuova immagine pubblica che si era creata sono arrivate le indagini dei carabinieri. Il nodo centrale è un episodio accaduto nel novembre 2018. In quei giorni il boss Michele Casarrubia andò a Roma per trattare l’acquisto di una grande quantità di cocaina con Consiglio di Guglielmi, noto come Claudio Casamonica e ritenuto ai vertici dell’omonimo clan romano, accompagnato dalla zia: Giusy Vitale. Il luogo dell’incontro era però pieno di microspie piazzate dagli investigatori. Emerse che la Vitale non solo era a conoscenza dei traffici, ma era stata proprio lei ad acquistare altra cocaina da fornitori calabresi a Milano e Bergamo. Appariva quindi chiaro «come la donna non si sia dissociata dall’ambiente criminale in genere e da Cosa nostra partinicese in particolare».

Il comune di Partinico

Partinico, a pochi passi da Palermo – Le indagini si sono svolte in più città del sud Italia, ma il centro delle operazioni è uno solo e ben preciso: Partinico. Un comune palermitano di poco più di 30mila abitanti il cui consiglio era stato sciolto nel luglio del 2020 per ripetuti condizionamenti mafiosi nell’attività amministrativa. Il sindaco Maurizio De Luca si era dimesso già nel maggio 2019, dopo che gli investigatori avevano trovato irregolarità nella gestione di appalti e forniture ad aziende. Ancora a Partinico c’era un’autentica centrale della droga gestita, secondo l’accusa, da cinque organizzazioni criminali. In contatto con i Casamonica nel Lazio, i gruppi erano guidati da Michele Vitale, i fratelli Maurizio e Antonino Primavera, Gioacchino e Raffaele Guida, Michele Casarrubia e sua madre Antonina Vitale, e infine Nicola Lombardo.

Gli altri arrestati – Tutti questi, con i loro collaboratori, sono stati arrestati. Il più radicato con il proprio territorio sembra essere Lombardo. Genero del boss Leonardo Vitale, secondo gli inquirenti era attivo sia nel controllo di attività commerciali sia nella risoluzione di controversie con metodi minatori e violenti. Il 30 agosto del 2017, per esempio, in una discoteca di Balestrate un ragazzo venne pestato da un buttafuori. La sua famiglia non chiese aiuto alle forze dell’ordine, ma andò subito da Lombardo a chiedere giustizia. La stessa procedura seguita da due imprenditori che si contendevano la concessione d’uso di alcune macchinette da caffè e da un agricoltore a cui avevano rubato un macchinario.