Un Paese di santi, poeti, navigatori e… fumatori di cannabis. La parte più famosa del discorso che Benito Mussolini pronunciò il 2 ottobre 1935 contro la condanna da parte delle Nazioni Unite, per l’aggressione all’Abissinia, potrebbe essere  ampliata. L’Italia, infatti, è il Paese occidentale dove in media si consumano più hashish e marijuana, come emerge dal report sul consumo di droghe pubblicato dalle Nazioni Unite nel giugno 2012. Secondo le statistiche pubblicate dall’Onu il 14,6% della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha fatto uso di cannabis almeno una volta, e la percentuale sale molto fra gli adolescenti. Infatti, come riportato nel 15esimo rapporto Espad del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, sono ormai circa 550mila i giovani studenti consumatori di erba. Nel 2013, il 22% dei 15-19enni sono utilizzatori abituali di cannabis e, nell’arco della vita, il 28 per cento l’ha provata almeno una volta. Le regioni del Centro, la Liguria e la Lombardia fanno registrare il maggior numero di consumatori, mentre il Triveneto e il meridione (a esclusione della Puglia) registrano valori inferiori al 17 per cento.

Nonostante la legge, in Italia le persone che si accostano alla marijuana sono in crescita quasi verticale.
Grafico Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), 2009

LA PROPOSTA DI SEL: “MARIJUANA LEGALE” – Nel giorno in cui l’Uruguay boccia il proibizionismo e approva la marijuana di Stato, l’Italia tenta di emularne l’esempio. Lo storica e definitivo “sì” da parte del Senato del Paese sudamericano sulla legge che affida allo Stato il compito di farsi carico della produzione, distribuzione e vendita della cannabis, ha riacceso anche in Italia l’entusiasmo dei sostenitori della legalizzazione delle droga leggere. In Parlamento è stata Sinistra Ecologia Libertà, attraverso i deputati Daniele Farina e Giovanni Paglia, capigruppo in commissione Giustizia e Finanze, ad annunciare la presentazione di una proposta di legge analoga a quella approvata in Uruguay. “A regime la nostra proposta può rappresentare un introito di sole accise per l’erario di almeno quattro miliardi all’anno, risorse sottratte alle mafie e destinabili all’introduzione di un reddito minimo garantito e alla manutenzione del territorio”, hanno spiegato i due deputati Sel.

RIFONDAZIONE COMUNISTA: “ABROGARE LA FINI-GIOVANARDI” – Per Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista ed ex-ministro, si tratta di “una bellissima notizia, un grande passo per l’Uruguay. Dobbiamo constatare purtroppo che invece l’Italia è rimasta indietro cent’anni: noi abbiamo ancora la legge Fini-Giovanardi. Cominciamo con l’abolire quella legge vergognosa, che criminalizza i consumatori e non fa niente per contrastare i narcotrafficanti”. Entrata in vigore nel gennaio del 2006, la legge 49/06 denominata “Fini-Giovanardi”, inserita all’ultimo momento nel “Pacchetto Olimpiadi Invernali di Torino”, prevede l’equiparazione tra droghe “leggere” e droghe “pesanti”, sotto l’aspetto della pericolosità e delle sanzioni. Detenere, cedere o consumare tali sostanze, indipendentemente dal quantitativo, è proibito e punito dalla legge, che prevede tre diversi reati: detenzione illecita (art. 73), traffico illecito (art. 74) e uso personale (art. 75). La soglia del reato è definita con precisione: 5 grammi lordi pari a 15 spinelli.

MANCONI, PD: “IN ITALIA ANCORA UN TABU'” – Contro questo provvedimento si sono espressi in molti. Quello che da più parti si chiede è arrivare a escludere la punibilità per la coltivazione domestica e l’uso personale di marijuana, differenziando le pene in base alle diverse tipologie di sostanze. Il senatore del Pd Luigi Manconi, voce dell’anti-proibizionismo italiano, non ha dubbi sul fatto che la via uruguaiana alla regolamentazione del mercato sia quella giusta. Lo scorso giugno 2013, in un articolo su Repubblica, denunciava il fatto che nel nostro Paese la marijuana fosse ancora un tabù culturale, non solo per la cultura cattolica, ma anche a causa dell’attuale classe politica che intende ostacolare  il suo utilizzo persino in campo medico: “Per quel che ne so, è un’ottima legge, una normativa di legalizzazione che è l’esatto contrario della liberalizzazione clandestina che vige in Italia, dove una sostanza fuori legge è venduta a qualsiasi ora in una moltitudine di esercizi. Proprio perché esistono rischi per i minori che ne abusano e perché il proibizionismo non è un disincentivo, bisogna comprendere che legalizzare significa evitare la criminalizzazione e la marginalizzazione di un comportamento sociale diffuso”.

Cannabis sequestrata nel 2010 in Italia (Dati
Ministero dell’Interno – Direzione Centrale Servizi Antidroga, Relazione annuale al Parlamento 2011)

RADICALI: “LEGALIZZARE LE MAFIE O LE DROGHE?” – Da sempre attivi nel campo dei diritti, anche i Radicali hanno da anni intrapreso una battaglia per la liberalizzazione della marijuana. Culminata con la campagna sul sito “Lisostengo.it“, per la raccolta tra maggio e settembre 2013 di 500mila firme inerenti 12 referendum, che non hanno però raggiunto il quorum. I Radicali hanno chiesto l’abrogazione della Fini-Giovanardi. “Qui in Italia, in un momento di stallo della democrazia, non possiamo far finta di niente: il proibizionismo è fallito, puntiamo alla legalizzazione. Dobbiamo ridurre i danni che si stanno facendo”, spiega il radicale Mario Staderini. Legalizzare la cannabis però non è possibile. “Però si può decriminalizzare, depenalizzare”, continua. In un Paese dove ci sono 400mila piccoli spacciatori, 28 mila detenuti per droga e 3 milioni di consumatori di cannabis, “per violazione di reati di lieve entità, si rischia una pena da 1 a 6 anni. E che accade? Aumenta il numero di detenuti, si implementa il mercato delle mafie. Quand’è che cambieremo le cose?”.

Silvia Morosi