Lo Stato del Kerala, nell'estremo Sud della penisola indiana. La nave Enrica Lexie si trovava a navigare in queste acque quando è stata fermata dalle autorità indiane

Lo Stato del Kerala, nell’estremo Sud della penisola indiana. La nave Enrica Lexie si trovava a navigare in queste acque quando è stata fermata dalle autorità indiane

Militari italiani “affittati” per operazioni anti-pirateria. Navi mercantili scortate dai Nuclei militari di protezione della Marina. Uomini pagati dagli armatori per proteggere merci e equipaggi nei mari di mezzo mondo. A dirlo non è una corte di giustizia di Delhi, ma il decreto sul rifinanziamento delle missioni all’estero firmato nel 2011 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Un decreto che al punto numero 5 consente, appunto, di “stipulare con l’armatoria privata italiana convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana”. Sul sito ufficiale della marina, invece, nelle tre missioni internazionali anti pirateria a cui l’Italia partecipa, non si parla affatto dell’utilizzo di pubblici ufficiali al posto di contractors privati.

ATALANTA è il nome dell’operazione navale dell’Unione Europea per prevenire e reprimere gli atti di pirateria marittima lungo le coste della Somalia”. Così riporta la pagina del ministero della difesa dedicata alle forze di mare, ricordando l’impegno che nel 2008 l’allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa, prese con i partner europei. Secondo l’accordo, il ruolo dell’Italia “consiste nel proteggere le navi mercantili che transitano da e per il Mar Rosso ed inoltre svolge attività di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia”. Nessun accenno dunque alla scorta di navi mercantili private che transitano in acque indiane.

Stessa impostazione per Ocean Shield, un’iniziativa in ambito Nato che “prevede la possibilità di intervenire a livello regionale a fianco degli Stati che richiedono di poter cooperare al fine di sviluppare la propria capacità di contrasto alla pirateria”. La pirateria in questione è quella “marittima al largo e lungo le coste della Somalia e del Corno d’Africa”, come riportato dagli informatici della Difesa. Dell’India, dunque, ancora nessuna traccia. Ad ampliare il quadro ci sono però le missioni che cadono sotto alla sigla CMF, Forze marine combinate, un programma internazionale a cui partecipano una trentina di Paesi e che mira alla protezione delle navi mercantili in diversi scenari mondiali, incluso l’Oceano Indiano. Operazioni riconosciute in tutte il mondo, che tuttavia non prevedono la presenza di pubblici ufficiali armati a bordo delle navi civili che solcano le acque territoriali indiane.

Carlo Marsilli