La procura di Massa Carrara ha aperto un’inchiesta per l’incidente della nave cargo Guang Rong, che la sera del 28 gennaio si è scontrata contro la banchina del pontile di Marina di Massa distruggendone una parte. Il procuratore capo Piero Capizzito ha spiegato che l’indagine è finalizzata ad accertare «eventuali profili di colpa che possano avere avuto incidenza causale sul naufragio».

Il naufragio – La nave, battente bandiera di Cipro ma gestita da una società di Chioggia, è lunga più di 100 metri. Trasportava 102 tonnellate di gasolio insieme a un carico di scarti della lavorazione del marmo. Era ormeggiata al porto di Marina di Carrara da lunedì 27 gennaio, poi il maltempo e il mare grosso le avrebbero fatto perdere l’àncora. È iniziato così il viaggio della Guang Rong verso sud, spinta dal mare e alla deriva. Per tre ore la nave è rimasta ingovernata, senza controllo, nonostante i diversi tentativi di agganciarla con i rimorchiatori per provare a farle invertire la rotta o fermarla. Fino all’impatto con il pontile di Marina di Massa, ad alcuni chilometri dal porto di Marina di Carrara.

Prime valutazioni – La procura ha disposto il sequestro dell’imbarcazione, ma il processo di messa in sicurezza e ispezione dei danni è iniziato solo oggi, 30 gennaio, a causa delle condizioni del mare. Per tre volte negli ultimi cinque anni la nave era stata sottoposta a fermo amministrativo. L’ultimo, come riporta la televisione locale Noi Tv, nell’ottobre scorso dopo un controllo effettuato dalla Guardia Costiera di Livorno che aveva trovato 24 irregolarità, 16 delle quali ritenute molto gravi. Le irregolarità erano state poi sanate dalla società armatrice e così la Guang Rong è potuta tornare a navigare. Stando alle prime valutazioni, come spiega il sindaco di Massa Francesco Persiani, la fuoriuscita di gasolio non sarebbe tale da poter parlare di contaminazione ambientale: «Quanto al forte odore di nafta, percepito nelle scorse ore sul posto, – ha detto il sindaco – i tecnici hanno spiegato che probabilmente si tratta di acqua di sentina uscita fuori. Gli elicotteri in volo sopra l’area hanno effettivamente visto qualche macchia scura, ma non tali da giustificare il rischio ambientale». Intanto l’amministrazione comunale ha attivato il protocollo con il ministero dell’Ambiente per l’utilizzo di panni galleggianti, utili per delimitare un’eventuale area di contaminazione e assorbire il possibile gasolio disperso.

Foto di “Apuane Libere”

La denuncia degli ambientalisti – Per l’associazione “Apuane libere”, che dal 2021 denuncia gli scavi nelle cave delle Alpi Apuane, il danno ambientale sarebbe maggiore di quanto dichiarato dalle autorità. Alcuni volontari si sono riuniti in un presidio a Marina di Massa il 29 gennaio. «Le immagini che abbiamo raccolto, sia dall’alto con un drone, sia dalla riva grazie al presidio in loco, mostrano che sono finiti in mare diversi ettolitri di carburante trasportati dalla nave per il proprio rifornimento», ha riferito il presidente di “Apuane libere” Gianluca Briccolani a La Sestina. L’associazione sta costruendo un esposto per la procura regionale e intende costituirsi come parte civile in caso di processo. «Quella nave è una bomba ecologica – ha detto Briccolani – non solo trasporta più di 100 tonnellate di gasolio, ma aveva caricato dei detriti dal porto di Marina di Carrara provenienti dalle cave. Questi detriti sono contaminati dai residui di oli e lubrificanti impiegati dalle macchine che affettano la montagna. Si aggiungono le contaminazioni da perline di Widia, un materiale altamente inquinante e pericoloso». «Questa è solo la punta dell’iceberg – ha aggiunto Briccolani – tramite cui le persone sono venute a conoscenza a livello nazionale di quello che avviene sulle Apuane. Qui ormai non si scava più per fare le statue come duecento anni fa, ma per fare polvere per realizzare le scogliere, per costruire la diga del porto di Genova, come la Guang Rong stava andando a fare. La devastazione delle Apuane è una vera e propria vergogna che rappresenta uno dei 43 disastri ambientali a livello mondiale, come riportato anche dal docufilm Antropocene».